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Consulta, domani il voto in Parlamento, ecco ‘toto-nomi’ per i 4 giudici/Adnkronos

27 Novembre 2024

Roma, 27 nov. (Adnkronos) – Deputati e senatori domani saranno chiamati a votare a Montecitorio per la decima volta il sostituto alla Corte costituzionale della ex presidente Silvana Sciarra, giudice scaduto l’11 novembre 2023, per cui sono richiesti i 3/5 dell’Assemblea; e per altri tre giudici (il presidente in carica Augusto Barbera, e i vice Franco Modugno e Giulio Prosperetti) in scadenza il prossimo 21 dicembre, per i quali servono i 2/3 dei voti, essendo quello di giovedì il primo scrutinio. Potrebbe essere l’ennesima fumata nera dato che il numero dei voti necessari è altissimo e gli equilibri da mantenere fra i partiti in un risiko di nomine sono estremamente complessi, ma non è detta l’ultima parola. “Non si sa ancora”, risponde all’Adnkronos il presidente della Commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama Massimo Balboni. L’intenzione è comunque quella di votare quattro volte, a partire da domani fino a prima di Natale (quando il quorum sarà a 3/5 per tutti) nella speranza di arrivare prima delle feste ad una quadra. In caso contrario l’accordo sarà comunque raggiunto entro gennaio.

Tre gli scenari: al momento il più gettonato è quello del 2+1+1 che prevede l’individuazione di un candidato tecnico/indipendente (il così detto ‘quarto’) in un accordo contemplante due giudici alla maggioranza, uno alle opposizioni, uno indipendente. Ce ne sono però altri due: quello del 3+1, osteggiato dalle forze di opposizione in cui potrebbe replicarsi il modello Rai; e quello del pari e patta, 2+2, gradito all’opposizione. In tutti e tre i casi uno dei quattro incarichi dovrebbe andare ad una donna. Tra le figure più ricorrenti nel toto nomi: per gli indipendenti Roberto Garofoli, Alfonso Celotto, Sandro Staiano; Per Fdi Francesco Saverio Marini, Carlo Deodato, Ida Nicotra Guerrera; Per Fi Francesco Paolo Sisto e Antonio Zanettin; per la Lega, Ginevra Cerrina Ferroni; per il Pd Andrea Pertici e Massimo Luciani; per il M5s Roberto Chieppa e Filippo Donati.

Nello scenario ‘indipendenti’ il presidente di sezione del Consiglio di Stato Roberto Garofoli, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Mario Draghi a Palazzo Chigi nonché segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Governo Letta) sarebbe stato proposto da Elly Schlein a Giorgia Meloni un paio di settimane fa tra i papabili “forse per bruciarlo”, dicono fonti vicine al governo che riconoscono “il profilo altissimo” di Garofoli (gradito anche ad Azione) ma non “l’equidistanza”. Garofoli fu infatti anche capo dell’ufficio legislativo al ministero degli Esteri con Massimo D’Alema durante il secondo governo Prodi e capo di dipartimento della Funzione Pubblica con Mario Monti premier.

Forza Italia ed il Partito democratico avrebbero infatti in mano anche un altro quarto uomo, un jolly nello schema 2+1+1: il costituzionalista “super partes” Alfonso Celotto, professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università Roma Tre ed ex capo di gabinetto della ministra per le riforme e la semplificazione normativa Maria Elisabetta Alberti Casellati. E’ un “possibile candidato di mediazione”, convocato in audizione informale sull’autonomia differenziata in Commissione affari costituzionali a Montecitorio dal Partito del presidente del Consiglio. Da sempre non schierato, avrebbe il vantaggio di “essere di tutti”.

Prova (con fatica) ad avanzare in quota indipendenti, il nome di Sandro Staiano, professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Napoli Federico II ed ex presidente dell’Associazione italiana dei costituzionalisti. Apprezzato da Pd, M5s, Avs e giudicato “straordinariamente bravo” dal presidente della Commissione affari costituzionali Nazario Pagano di Fi, in occasione del Convegno ’75 anni di rapporti tra Stato e Chiesa cattolica nell’ordinamento costituzionale’ presso la Sala della Regina a Montecitorio, non piace però agli altri perché figura “non equidistante” date le sue posizioni fortemente critiche verso il Governo e non da ultimo il trascorso dal 1993 al 1999 da sindaco di Pompei (eletto in una lista a forte matrice di sinistra).

Si guarda con scetticismo al quarto tra le fila del M5s: “Io sono in genere perplessa su figure indipendenti che poi magari risultano non esserlo”, ha commentato all’Adnkronos Alessandra Maiorino, senatrice pentastellata e membro della Commissione affari costituzionali a Palazzo Madama. Anche se il Movimento è ancora abbottonatissimo sulle candidature, gira voce che potrebbe puntare al presidente di sezione del Consiglio di Stato Roberto Chieppa, segretario generale di Palazzo Chigi durante il Conte 1 o a Filippo Donati, professore ordinario di diritto costituzionale presso l’università di Firenze, già componente del Consiglio Superiore della Magistratura dal 2018 al 2022 (scelto dal M5s).

Colpo di scena dal Carroccio: nella partita la Lega non vuole restare a bocca asciutta, il partito del Carroccio intenderebbe infatti rivendicare uno dei seggi della Consulta tra quelli destinati al centrodestra nello schema 3+1. Non conta l’avere ancora in quota il giudice costituzionale Luca Antonini che “starà lì ancora per poco”. Potrebbe farsi strada la candidatura di una donna, Ginevra Cerrina Ferroni, vice presidente del Garante per la protezione dei dati personali, che approdando a Palazzo della Consulta lascerebbe in campo un goloso posto vacante “e la partita dipende fortemente anche dal posto che si lascia libero”.

Tra i nomi graditi a Fratelli d’Italia in cima il favorito Francesco Saverio Marini, professore ordinario di Diritto pubblico all’università Tor Vergata, consigliere giuridico di Giorgia Meloni e autore del ddl costituzionale sul premierato. Con il suo, quello del segretario generale di Palazzo Chigi, Carlo Deodato, il giurista cattolico finito nell’occhio del ciclone per aver bocciato le trascrizioni da parte dei sindaci italiani di nozze gay celebrate all’estero. Figura sponsorizzata da Fdi ed anche apprezzata trasversalmente per il rilevante trascorso anche in Consiglio di Stato da presidente di sezione, Deodato fu scelto dall’allora premier Enrico Letta come capo del Dipartimento affari giuridici e legislativi della presidenza del consiglio. Circola anche il nome di una seconda donna (meno probabile di Ferroni): Ida Nicotra Guerrera, professoressa di Diritto costituzionale a Catania e moglie di Felice Giuffrè, membro laico del Csm in quota Fdi.

Per Forza Italia al primo posto c’è Francesco Paolo Sisto, viceministro della Giustizia. Gli azzurri puntano anche al senatore Antonio Zanettin, avvocato, capogruppo di Forza Italia nelle commissioni Giustizia e Politiche dell’Unione Europea, già componente del Csm in quota Fi. Lascerebbero entrambi i loro ruoli da parlamentari se eletti. Come il senatore PdAndrea Giorgis, professore ordinario di Diritto costituzionale, non escluso dalla corsa, in quanto “un ottimo possibile candidato”. Voci di corridoio indicano per il Partito democratico oltre a Giorgis, anche Tania Groppi, professoressa ordinaria di Istituzioni di diritto pubblico nell’Università di Siena.

Ma Elly Schlein, raccontano, avrebbe “una infatuazione” per Andrea Pertici, l’uomo che rappresentò la Procura di Firenze nel processo contro Matteo Renzi: professore di Diritto costituzionale all’Università di Pisa è stato promosso a dirigente del Partito democratico. Nel frattempo in quota Pd molti rivendicano “il fuori classe”, “il migliore candidabile”: E’ Massimo Luciani, già professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico all’Università degli Studi di Roma, “La Sapienza”, accademico dei Lincei, già presidente della “Commissione per elaborare proposte di interventi per la riforma dell’ordinamento giudiziario”, istituita dal ministro della Giustizia Cartabia nel marzo 2021 (governo Draghi). Stimato trasversalmente è giudicato “un fenomeno” anche da ambienti vicini alla presidente del Consiglio. Su Luciani in quota Pd si potrebbe trovare una quadra ed arrivare ad “una maggioranza di grande garanzia”: “Sarebbe il massimo”, “non ha mai avuto un incarico politico e mai ha usato una parola di troppo”. (di Roberta Lanzara)

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