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Dubbi linguistici più frequenti tra gli italiani? Da qual è a un po’, quali sono

23 Maggio 2025

Roma, 23 mag. (Adnkronos) – ‘Un po” si scrive con l’accento o con l’apostrofo? ‘Qual è’ ha bisogno dell’apostrofo oppure no? Si dice ‘amàca o àmaca? Meteorologo e metereologo? Ubbidire o obbedire? Quando la punteggiatura è quella giusta? Sono questi alcuni tra i dubbi più ricorrenti in chi scrive o parla l’italiano, inciampi linguistici dietro l’angolo sia per chi padroneggia la nostra lingua sia per chi ne ha una competenza più limitata. A rispondere alle perplessità più frequenti è Giuseppe Patota, ordinario di Linguistica italiana all’università di Siena – autore insieme a Valeria Della Valle del volume ‘La lingua verde’ (Mondadori Electa nella collana Rizzoli Illustrati) – che stila una sorta di classifica delle perplessità più frequenti.

Conversando con l’AdnKronos, Patota premette subito che “il dubbio in sé è un fatto estremamente positivo perché denota attenzione nei confronti della nostra lingua. Guai a chi non sia colto dal dubbio in campo linguistico”. Ma – avverte – attenzione alla punteggiatura: “nella scrittura c’è un uso indiscriminato della ‘virgola tuttofare'”.

Si scrive, quindi, ‘un po’ oppure un pò? “La parte più rilevante della comunità dei parlanti – risponde Patota – considera corretta, e dunque noi grammatici dobbiamo considerarla tale, la forma ‘po” con l’apostrofo e non ‘pò’ con l’accento. Questo non in nome di un diktat o di un atteggiamento da grammatico assolutista ma perché la forma con l’apostrofo nel corso del tempo è stata considerata la forma più in uso. E la norma la fa, come diceva Manzoni, ‘il signor uso’. Viceversa un altro dubbio abbastanza ricorrente riguarda la forma ‘qual è’. Va scritto con o senza l’apostrofo? Non c’è una persona che non si sia posta questo dubbio. La forma che va considerata corretta, in virtù della media degli usi più rilevanti della comunità dei parlanti, è sempre – comunque e dovunque – la forma senza apostrofo”.

Ma i dubbi che inseguono gli italiani attengono anche gli accenti che, in alcuni casi, possono riprodurre dei suoi ben lontani dalla realtà. “Spesso e volentieri – osserva infatti il linguista – alcuni dubbi non riguardano lo scritto ma possono riguardare anche il parlato”. Lo studioso si riferisce in particolare “all’accentazione corretta. Si dice ‘amàca o àmaca? La pronuncia corretta è amàca. Qual è la pronuncia corretta tra Friùli o Frìuli? La pronuncia corretta è Friùli perché deriva dalla formula latina ‘Forum Iulii””. E ancora si deve dire “Nòbel o Nobèl? La pronuncia corretta dovrebbe essere Nobèl. Aggiungo, però, che ormai la pronuncia Nòbel è talmente affermata che può essere considerata corretta perché la lingua va dove la porta chi la usa’.

“Un altro dubbio ricorrente riguarda l’opposizione tra “aeroporto o aereoporto”. La forma corretta è la prima e questo vale per tutti i composti con l’elemento prefissale ‘aero’. E poi si dice: ‘complementarietà’ o ‘complementarità’? La forma corretta è ‘complementarità’. Un altro dubbio – che riguarda sia il parlato sia lo scritto – è meteorologo (che è la forma corretta) e metereologo. Quest’ultima forma è un tratto dell’italiano popolare e non della norma”.

“Nel nostro libro – oltre che rappresentare una specie d’istantanea dell’italiano contemporaneo che è inevitabilmente in movimento – abbiamo cercato di raccogliere migliaia di questi dubbi e ci siamo impegnati a dare una risposta certa. Ci sono molti casi – osserva – in cui si può dire, o scrivere, sia in un modo sia nell’altro. E questo dipende dalla mobilità e dalla varietà dell’italiano, ovvero dal fatto che l’italiano nel corso del tempo si è arricchito ed è cambiato. Un esempio? Si dice ubbidire o obbedire? Sono corrette entrambe le forme solo che ubbidire è molto più frequente” anche se possiamo accettare “tutte e due le forme. E ancora come dobbiamo scrivere ‘alcol’? Con una o con due ‘o’? Possono essere accettate tutte e due le grafie”, afferma Patota.

Sul fronte, infine degli errori, il linguista segnala che “nella scrittura c’è un uso indiscriminato della ‘virgola tuttofare’. In altri termini si adopera con grande frequenza la virgola anche laddove sarebbe corretto preferire usare o il punto, o il punto e virgola oppure i due punti. Il problema è che non si studia una grammatica della punteggiatura perché si tende a pensare che sia il frutto di scelte e gusti individuali. Non è così”, conclude l’esperto. (di Carlo Roma)

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