Gaza, al-Jazeera: “Nuovo attacco Israele su palestinesi in fila per aiuti”
(Adnkronos) – L’emittente al-Jazeera ha segnalato un nuovo attacco israeliano contro i palestinesi in fila per ricevere aiuti umanitari, a sud ovest di Gaza City. Almeno otto i palestinesi rimasti feriti dal fuoco israeliano, riporta la tv, segnalando che la distribuzione dei beni era in corso nella rotonda Nabulsi. Una settimana fa sono stati uccisi più di cento palestinesi in attesa di aiuti alimentari e altri 760 sono rimasti feriti dopo essere stati colpiti dalle forze israeliane a Gaza.
Il Consiglio di sicurezza nazionale di Israele ha intanto emesso un avviso per segnalare il rischio di attentati durante il mese sacro all’Islam, che inizia il 10 marzo, in quanto ”le organizzazioni terroristiche musulmane vedono il Ramadan come un’opportunità per compiere attacchi e atti di violenza”. Chiedendo ai cittadini israeliani di prestare particolare attenzione durante i viaggi, il Consiglio di sicurezza ha affermato che ”le organizzazioni jihadiste come lo Stato Islamico (Isis) e al Qaeda invitano sempre più spesso i loro seguaci a compiere attacchi”. Quindi il Consiglio si aspetta che le organizzazioni terroristiche approfittino ”della guerra in corso a Gaza e delle tensioni attorno al Monte del Tempio per incoraggiare attacchi contro obiettivi israeliani e occidentali”.
A Khan Younis sono stati catturati 250 miliziani di Hamas e della Jihad Islamica nel complesso residenziale di Hamad Town, nel sud della Striscia di Gaza. Lo riferiscono le Forze di difesa israeliane (Idf), spiegando che alcuni dei miliziani avevano partecipato all’attacco terroristico del 7 ottobre e sono membri della forza d’élite Nukhba di Hamas. I militari hanno aggiunto che, durante gli interrogatori, i miliziani catturati hanno fornito informazioni utili al proseguimento dell’operazione a Gaza.
“Finire la guerra senza smilitarizzare Rafah è come mandare i vigili del fuoco per spegnere l’80% di un incendio”: Israele dovrà annientare Hamas a Rafah. Lo ha detto il ministro del Gabinetto di guerra d’emergenza israeliano Benny Gantz ha ai funzionari statunitensi durante il suo viaggio a Washington. Come ha riferito il Wall Street Journal, citando un funzionario israeliano, Gantz ha sostenuto che in assenza di un’offensiva di terra a Rafah, Hamas potrebbe riorganizzarsi e riarmarsi una volta che ci sarà un cessate il fuoco.
Niente fumata bianca tra Hamas e Israele, l’accordo per il cessate il fuoco a Gaza e per la liberazione degli ostaggi rapiti il 7 ottobre non è ancora andato in porto. L’obiettivo di formalizzare l’intesa prima dell’inizio del Ramadan, che comincia il 10 marzo, è ancora raggiungibile. Il tempo a disposizione però diminuisce, mentre la palla viene spedita da un lato all’altro del campo con relative responsabilità per lo stallo.
Due giorni di negoziati al Cairo, dove Israele non ha inviato la propria delegazione, non hanno ancora consentito di trovare la quadra. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha detto che l’accordo per un cessate il fuoco a Gaza “è nelle mani di Hamas in questo momento. Gli israeliani hanno collaborato. Non ci sono scuse, dobbiamo garantire più aiuti a Gaza. Dobbiamo arrivare ad un cessate il fuoco perché, se la situazione si trascina fino al Ramadan, le cose potrebbero diventare molto pericolose in Israele e a Gerusalemme” in particolare.
Dall’altro lato del campo, si punta il dito contro il premier israeliano. “Netanyahu non vuole raggiungere un accordo, la palla ora è nel campo degli americani” a cui spetta il compito di riportare Israele al tavolo, secondo Basem Naim, responsabile dell’ala politica di Hamas a Gaza, come riferisce il quotidiano britannico Guardian.
“Negli ultimi due giorni, il movimento ha presentato la sua posizione sulla proposta avanzata dai mediatori del Qatar e dell’Egitto”, ha detto a Beirut, in Libano, Osama Hamdan, alto funzionario di Hamas, come riportato dal Jerusalem Post. “Abbiamo riaffermato le nostre condizioni per un cessate il fuoco: un ritiro totale dalla Striscia e il ritorno degli sfollati nelle aree che hanno lasciato, in particolare nel nord”.
L’emittente egiziana Al-Qahera News, considerata vicina all’intelligence e ai servizi del Cairo, ha riferito che “i negoziati sono complessi ma proseguono”. La delegazione di Hamas, quindi, avrebbe deciso di rimanere nella capitale egiziana almeno per altre 24 ore.
Il portavoce del dipartimento di Stato americano Matthew Miller ha detto di ritenere legittima la richiesta di Israele di ricevere da Hamas una lista degli ostaggi ancora in vita, uno dei punti chiave dell’intesa. “Hanno preso gli ostaggi, continuano ad averli. Se continuano ad averli, devono sapere dove sono”, ha commentato Miller, dopo che Hamas ha detto di non sapere dove si trovino tutte le persone rapite il 7 ottobre.
“Se si sta discutendo un accordo per la liberazione di un certo numero di ostaggi, è una domanda legittima chiedere ad Hamas se possono rispettare l’accordo: mostrare dove sono questi ostaggi e confermare che sono vivi – ha detto Miller – pensiamo che sia una richiesta più che legittima da parte dello stato d’Israele”.
Le sollecitazioni hanno indotto Hamas a compiere, a quanto pare, ulteriori sforzi. L’organizzazione sta verificando dove si trovano gli ostaggi prigionieri a Gaza e quale è la loro situazione. Alla luce di queste operazioni, Israele sarebbe pronto a dare “un’opportunità finale” per un accordo. Il governo israeliano avrebbe chiesto specifiche informazioni su una quarantina di ostaggi il cui potenziale rilascio è al centro dei colloqui.
Hamas chiede che le forze armate israeliane lascino Gaza, che siano ammessi aiuti umanitari su larga scala e che ai palestinesi costretti a lasciare le proprie case possano tornare nel Nord della Striscia.
Non è chiaro cosa abbia impedito finora ad Hamas di produrre l’elenco degli ostaggi. Si ipotizza che potrebbero esserci problemi di collegamento e comunicazione tra le ‘anime’ dell’organizzazione dentro e fuori Gaza. Inoltre, alcuni ostaggi potrebbero essere nelle mani di altri gruppi, con la necessità di negoziare quindi con elementi della Jihad islamica. Sullo sfondo, l’ipotesi che la linea di Hamas non sia univoca: all’interno della struttura, un’ala potrebbe lavorare per ostacolare un accordo.
Intanto a Gaza, dove oltre 30mila persone sono morte dall’inizio dell’offensiva di Israele, la popolazione civile attende aiuti in una situazione ogni giorno più drammatica. Gli Stati Uniti, che hanno iniziato ad inviare aiuti umanitari per via aerea, con alcuni partner stanno valutando di portare cibo, medicine e altri beni di prima necessità dal mare. Assieme ai partner internazionali “stiamo esaminando le opzioni per un corridoio marittimo per l’assistenza umanitaria a Gaza, comprese opzioni commerciali e su contratto”, ha detto il portavoce del Pentagono Pat Ryder, citato dalla Cnn.
A delineare il quadro della situazione al valico di Rafah, anche Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana e deputato dell’Alleanza Verdi Sinistra. “Centinaia e centinaia di tir e autocarri sono fermi in attesa di poter entrare nella Striscia di Gaza. Abbiamo parlato con alcuni di questi autisti, addirittura ce ne sono alcuni che sono qui, fermi, da 15-20 giorni in condizioni che tutti possono ben immaginare. E soprattutto in quali condizioni, in quali condizioni saranno le merci che hanno trasportato fin qui? Ci sono autobotti e camion pieni di acqua pulita, chissà che problemi di sicurezza deve essere questo tipo di carico”, le parole del parlamentare italiano.
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche