Inchiesta Perugia: Borghi (Iv), ‘Renzi denunciò nel 2019, allora ci furono reticenze’
Roma, 7 mar. (Adnkronos) – “La vicenda in sé è grave, è inutile girarci attorno. Bisogna approfondire e andare a fondo. Ma non è una vicenda nuova, lo stesso meccanismo venne messo in moto nell’autunno del 2019 nei confronti del senatore Matteo Renzi. Che si vide propagata a mezzo stampa una serie di informazioni sulla vita privata che nulla avevano a che vedere con il codice penale. Allora il pm Turco archiviò la denuncia di Renzi, e ci furono reticenze, silenzi e anche qualche malcelato compiacimento. Se dovessimo fare con la premier quello che lei fece allora, ci dovremmo comportare diversamente”. Lo dice a Radio Radicale il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva e componente del Copasir, a proposito dell’inchiesta di Perugia.
“Queste informazioni sono state solo diffuse ai fini di pubblicazione? – si chiede Borghi – O ne sono fatti altri usi? Se sì, perché? Contro chi? L’impulso è venuto da un singolo o su indicazione di qualcuno? E da chi? È un quadro che ha bisogno del necessario approfondimento. Non possiamo nemmeno dimenticare che l’Italia svolge un ruolo importante in un contesto internazionale difficile e che l’inchiesta è partita da una denuncia del ministro della Difesa. La posizione di Schlein? C’è il rischio di un approccio manicheo e di utilizzo come clava nella lotta politica. Prendo per buono quanto ha affermato la segretaria del Pd, indipendentemente dal percorso fatto per arrivarci. Il presidente del Csm? Lasciamo fuori il presidente della Repubblica. Lasciamo che tutti gli organi che sono stati chiamati a doversi esprimere compiano istruttoria preposta”.
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