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Jobs Act, la firma ‘coerente’ di Schlein spiazza i riformisti: Bonaccini media

7 Maggio 2024

Roma, 6 mag. (Adnkronos) – La firma al referendum Cgil contro il Jobs Act? “Non è una sorpresa”, dice Elly Schlein ricordando che “già nel 2015 ero in piazza con la Cgil contro l’abolizione dell’articolo 18”. Una firma ‘coerente’ con la storia politica della segretaria, come le riconosce Giorgio Gori, e in linea con la piattaforma con cui Schlein ha vinto il congresso Pd.

“Era un punto fondamentale della campagna che abbiamo fatto alle primarie l’anno scorso, un punto anche di ricucitura -rimarca la segretaria- rispetto ad alcune scelte sbagliate del passato su cui evidentemente anche alcuni nostri elettori ci hanno premiato”. Schlein è convinta che molti nel Pd firmeranno (da ultimo oggi anche l’ex-sindaco di Bologna, Virginio Merola) e che la questione non sia divisiva: “Il Pd fa i congressi come altri non fanno… Io non vedo oggi un partito diviso e frammentato come tanti che spingono a raccontarlo”.

Eppure, come era scontato, la mossa di Schlein ha infastidito l’area riformista dem. Molti di quelli che siedono in Parlamento votarono a favore della riforma ai tempi di Matteo Renzi e diversi non la rinnegano. Qualcuno lo ha detto in chiaro mettendo anche agli atti che non firmerà i referendum ma, complice anche la campagna elettorale per le europee, i malumori restano sottotraccia.

Dall’area riformista gli umori vengono riferiti off the records così: “La firma ha infastidito molti. Come la libertà di voto e la mancanza di una linea. E anche il fatto che non se ne discute nelle sedi opportune e che le cose vengono apprese dalle agenzie. In più il merito: bisognerebbe concentrarsi sul futuro e invece si affronta il passato facendo opposizione alle stesse scelte del Pd in un mondo che è completamente cambiato”. A calmare le acque il presidente Stefano Bonaccini per cui “ciascuno è libero di firmare o meno” i referendum Cgil invitando piuttosto a concentrarsi sulle battaglie che il Pd sta portando avanti, a partire dal salario minimo. “Evitiamo di schiacciare il dibattito su una iniziativa referendaria da parte della Cgil: come ha chiarito la segretaria Elly Schlein, il partito non si schiera su autonome iniziative di altri, ma si unisce sulle nostre battaglie da portare in Parlamento e davanti ai cittadini”.

Battaglia sul salario minimo che Schlein tiene alta: “La riportiamo in Parlamento. Meloni non può voltare ancora le spalle”. Insieme alla sicurezza sul lavoro che “non è una priorità ma la priorità”, dice di fronte all’ennesima strage oggi in Sicilia. E alla proposta sulla sanità a sua prima firma. Il Pd ha chiesto di calendarizzarla con urgenza e la segretaria sfida la destra a votarla: “Abbiamo presentato in Parlamento una legge, a mia prima firma, che chiede di aumentare le risorse per la sanità pubblica che la destra sta smantellando. Questa legge chiede di destinare il 7,5% del Pil alla sanità pubblica: è una media europea, non stiamo parlando di una rivoluzione. Sento Schillaci e Meloni ma le loro parole cozzano con la realtà perché da quando sono al governo la spesa per la sanità è diminuita. Se vogliono affrontare davvero il tema delle liste di attesa, lo facciano votando con noi questa legge in Parlamento”.

Sulla questione del Jobs Act, Dario Nardella mette in guardia dal “lacerarsi” su “una riforma di 10 anni fa” perché “il nostro compito è quello di trovare una sintesi e guardare al futuro con una proposta di riforma complessiva del mondo del lavoro”. Per Andrea Orlando i referendum Cgil possono essere uno stimolo al Parlamento ad affrontare la questione. Visto che è lì che la politica deve agire: “Le firme possono servire ad aiutare il Parlamento, come è avvenuto in altre occasioni, ad affrontare questo tema. Credo che a questo punto firmare o no per il referendum, almeno nel mio caso,sia irrilevante perché ho presentato un disegno di legge in questa legislatura per modificare in larga parte, proprio in coincidenza con i punti affrontati ora dal referendum, la normativa”. Giorgio Gori non la pensa così e rivendica la bontà del Jobs Act ma non è stupito dalla scelta di Schlein di firmare: “Mi sembra una cosa coerente con la sua storia politica” ma “siccome firmare sarebbe totalmente incoerente con la mia storia politica, io sicuramente non firmerò”.

Intanto tutta Italia Viva, con Matteo Renzi in testa, va all’attacco frontale. “Paradossalmente, almeno i Cinque Stelle sono sempre stati coerenti. E’ il Pd che ha perso la faccia”. Renzi provoca soprattutto i riformisti dem: “Mi domando come può uno che era riformista del Pd votare per il Pd che abolisce le leggi fatte quando c’eravamo noi. Noi abbiamo lasciato il Pd perché volevamo continuare a essere riformisti. La differenza è tra chi vuole sussidi, M5s e Pd, e chi vuole lavoro, Stati Uiniti d’Europa”. A Renzi è Bonaccini a ribattere: “Il Pd perde la faccia? No, noi non ci schiacciamo su proposte che vengono da altri, liberamente chi vuole nel Pd può firmare i referendum della Cgil ma noi dobbiamo stare sulle battaglie in Parlamento e le opposizioni, lo dico anche a Renzi, dovrebbero portarle avanti insieme”.

Schlein, oggi in Umbria per la campagna elettorale, interviene anche su un altro caso del giorno, quello dello sciopero boicottato in Rai: “Dopo le notizie false, le campagne denigratorie sugli avversari politici e le censure, Telemeloni nega anche il diritto allo sciopero, un principio costituzionale con la complicità dei vertici aziendali su precisi input politici. La Rai così non è più servizio pubblico, diventa appendice e megafono del governo. Solidarietà ai giornalisti Rai in sciopero”.

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