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Legionella, il batterio che ama tubature e condizionatori: casi in aumento in Italia

18 Novembre 2025

Milano, 18 nov. (Adnkronos Salute) – Ama il caldo e l’umidità e predilige condutture idriche e condizionatori, dove si riproduce più rapidamente. La legionellosi è un’infezione, causata dal batterio Legionella pneumophila, di cui sono note più di 60 specie diverse suddivise in 71 sierotipi, responsabile di una forma di polmonite battezzata come morbo dei legionari nel 1976, dopo che un’epidemia si diffuse tra i partecipanti al raduno della Legione Americana al Bellevue Stratford Hotel di Philadelphia. In quell’occasione la malattia fu contratta da 221 persone, con 34 morti. La fonte di contaminazione fu identificata nel sistema d’aria condizionata dell’albergo. La patologia torna ora a far parlare di sé a Milano, dove in zona San Siro sono stati registrati 11 casi, (tutte persone che presentano fattori di rischio predisponenti per l’infezione, ha precisato l’Ats), una persona è deceduta e, attualmente, 8 sono ricoverate.

In Italia, come riporta l’Istituto superiore di sanità in un focus online, negli ultimi trent’anni il numero di casi di legionellosi è aumentato costantemente, sebbene sia una malattia sottostimata. Nel 2022 sono stati notificati complessivamente 3.111 casi di legionellosi, con un incremento del 14% rispetto all’anno precedente, e un ritorno, dopo 2 anni, ai valori pre-pandemia Covid. L’anno successivo, nel 2023, secondo una pubblicazione sul bollettino epidemiologico nazionale, le segnalazioni pervenute al Dipartimento di malattie infettive dell’Iss erano cresciute ulteriormente: 3.911 le schede di sorveglianza relative ad altrettanti casi di legionellosi (in crescita del 25% rispetto al precedente anno). Il 74,9% di queste infezioni è stato notificato da 6 Regioni: Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Lazio e Piemonte, e il 25,1% dalle rimanenti 15 Regioni/Pa. L’incidenza grezza della legionellosi a livello nazionale nel 2023 è risultata pari a 66,3 casi per milione di abitanti, con un incremento rispetto all’anno precedente (52,8/1.000.000), superiore anche ai valori precedenti la pandemia di Covid. E si continua a osservare un gradiente Nord-Sud con valori di incidenza grezza pari a 96,6 casi per milione al Nord, 67,5 per milione al Centro e 19,9 per milione al Sud.

Oltre il 70% dei pazienti ha almeno 60 anni, il 69,2% è di sesso maschile e il rapporto maschi-femmine è di 2,2 a 1. Dei 3.911 casi notificati, il 7,8% presentava almeno un pernottamento in luoghi diversi dall’abitazione abituale (alberghi, campeggi, navi, abitazioni private), il 3,2% era stato ricoverato in ospedale, il 2,7% apparteneva a comunità chiuse (case di riposo per anziani, residenze sanitarie assistenziali, strutture di riabilitazione), l’1,4% aveva viaggiato e soggiornato all’estero. L’84,4% dei casi è stato classificato come di origine comunitaria, cioè di origine non nota. Il 66% dei pazienti presentava comorbilità, prevalentemente di tipo cronico-degenerativo. Fra i casi del 2023, ne sono stati segnalati anche 125 nosocomiali (3,2% del totale), cioè infezioni ospedaliere.

Le legionelle – ricorda l’Iss – sono presenti negli ambienti acquatici naturali e artificiali: acque sorgive, comprese quelle termali, fiumi, laghi, fanghi. Da questi ambienti raggiungono quelli artificiali, come condotte cittadine e impianti idrici degli edifici, quali serbatoi, tubature, fontane e piscine, che possono agire come amplificatori e disseminatori del microrganismo, creando una potenziale situazione di rischio per la salute umana.

La legionellosi viene normalmente contratta per via respiratoria, mediante inalazione, aspirazione o microaspirazione di aerosol contenente legionella, oppure di particelle derivate per essiccamento. “Le goccioline si possono formare sia spruzzando l’acqua che facendo gorgogliare aria in essa, o per impatto su superfici solide”, ricordano gli esperti. E la pericolosità di queste particelle d’acqua è inversamente proporzionale alla loro dimensione (gocce di diametro inferiore arrivano più facilmente alle basse vie respiratorie). Sono stati inoltre segnalati in letteratura casi di legionellosi acquisita attraverso una ferita. In generale la malattia umana rimane rara; “i tassi d’attacco nel corso di focolai epidemici sono bassi, inferiori al 5%”, dicono gli esperti. Il tasso di mortalità correlata all’infezione, infine, dipende da alcuni fattori specifici (come la gravità della malattia, l’appropriatezza del trattamento antibiotico iniziale, il luogo in cui è stata contratta l’infezione stessa, le condizioni pregresse del paziente) e può variare dal 40-80% nei pazienti immunodepressi non trattati, al 5-30% in caso di un appropriato trattamento della patologia. Complessivamente la letalità della legionellosi si aggira tra il 5% e il 10%, conclude l’Iss.

Due le forme con cui si può manifestare la legionellosi: la malattia del legionario vera e propria, che include frequentemente una forma più acuta di polmonite, e la meno grave febbre di Pontiac. La prima, dopo un’incubazione che varia da 2 a 10 giorni (in media 5-6), nei casi più gravi può insorgere bruscamente con febbre, dolore toracico, dispnea, cianosi, tosse produttiva, mentre nei casi meno gravi può avere un andamento insidioso con febbre, malessere, dolori, tosse lieve non produttiva. A volte possono essere presenti sintomi gastrointestinali, neurologici e cardiaci, e sono comuni alterazioni dello stato mentale. La febbre di Pontiac, dopo un periodo di incubazione di 24-48 ore, si manifesta in forma acuta simil-influenzale senza interessamento polmonare, e si risolve in 2-5 giorni. I prodromi sono: malessere generale, mialgie e cefalea, seguiti rapidamente da febbre, a volte con tosse e gola arrossata. Possono essere presenti diarrea, nausea e lievi sintomi neurologici quali vertigini o fotofobia. Il trattamento della legionellosi, essendo una malattia di origine batterica, passa soprattutto attraverso terapie antibiotiche. Quanto alla prevenzione, è importante una “corretta progettazione e realizzazione degli impianti tecnologici che comportano un riscaldamento dell’acqua o la sua nebulizzazione (impianti a rischio)”, evidenziano gli esperti Iss, e “l’adozione di misure preventive (manutenzione e, all’occorrenza, disinfezione)” per contrastare la moltiplicazione e la diffusione del batterio negli impianti a rischio.

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