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Mo: Piziali (Cesvi), ‘mai visto niente di simile, a Gaza è sempre peggio’

25 Luglio 2025

Roma, 25 lug. (Adnkronos) – “Non ho mai visto niente del genere. Parlo ogni giorno con il nostro personale a Gaza, sento i palestinesi e gli internazionali. Ogni volta è peggio. Diego Regosa (Senior Emergency Coordinator dell’ong, ndr) che è lì da qualche settimana, resiste, ma gli altri sono già troppo deboli per lavorare a tempo pieno. Non mangiano abbastanza”. Lo ha detto al Corriere della Sera il direttore del Cesvi Stefano Piziali, spiegando che l’ong è presente “a Deir al-Balah come la maggior parte delle organizzazioni umanitarie. Israele l’aveva dichiarata zona umanitaria e quindi era stata relativamente risparmiata. Dall’inizio della settimana, purtroppo, alcune aree della città sono sotto attacco, la nostra per fortuna no”.

“A Gaza – racconta – ci occupiamo soprattutto di acqua. La potabilizziamo, la distribuiamo con cisterne trainate da autocarri quando abbiamo carburante o asini quando manca. Un lavoro umile, ma essenziale. Proprio oggi abbiamo installato un potabilizzatore che serve anche alle dialisi nell’ultimo ospedale pediatrico della Striscia. Depura acqua per tutta la struttura che ha 150 letti e 200 sanitari. Fatichiamo ormai a trovare la materia prima. Non abbiamo pozzi o desalinizzatori e nessuno ci vende più acqua. Mancano i pezzi di ricambio per le pompe. In più, con il sistema fognario distrutto e tanti accampamenti informali, la qualità dell’acqua di falda è drasticamente peggiorata”. Quanto al cibo, aggiunge che ce n’è “sempre meno. La macchina dei rifornimenti è andata in crisi da quando una fondazione privata (la Gaza Humanitarian Foundation, ndr ) ha voluto sostituire l’organizzazione delle Nazioni Unite. Un caso unico: una parte belligerante che pretende di dare assistenza all’altra. È venuto meno il principio della neutralità”.

La Gaza Humanitarian Foundation non funziona, spiega Piziali, “per tre motivi fondamentali. La modalità di distribuzione è stata militarizzata: contano di più le armi che gli aiuti. Secondo, le forniture sono stabilite dall’alto e non in base ai bisogni. Mi ricordo in Afghanistan quando cadevano dal cielo casse appese a paracaduti gialli. I militari dicevano di aver portato cibo, ma nessuno sapeva a chi andassero quei beni. Non si fa così. Bisogna capire le necessità e coordinare l’intervento. Se io do acqua, qualcun altro porta farina, un altro gas e tutti controlliamo che arrivino a chi ne ha bisogno, allora funziona. Solo così le famiglie, non le gang, fanno il pane. Terzo, con l’entrata in servizio della fondazione privata si sono ristretti i valichi di accesso. E adesso non c’è più nulla”.

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