Roma, 17 gen. (Adnkronos Salute) – “I cambiamenti climatici potrebbero in futuro causare una pandemia di malattie renali”. Lo ha detto Loreto Gesualdo, ordinario di nefrologia all’Università Aldo Moro di Bari e past president della Fondazione italiana del rene, a margine di un evento stampa sull’insufficienza renale cronica a Roma. “Se le ondate di caldo diventeranno davvero più frequenti e intense e se l’acqua scarseggerà – spiega – è possibile che aumenteranno i casi di insufficienza renale acuta e, di conseguenza, anche di insufficienza renale cronica”.
Che situazioni di caldo estremo siano collegate a una peggiore salute renale è evidente già in alcune categorie professionali. “Ad esempio nei lavoratori degli altiforni, esposti a temperature altissime e che sono notoriamente più predisposti a sviluppare un danno renale”, sottolinea Gesualdo. “Il problema è la disidratazione, più frequente quando fa molto caldo. Per questo – continua – consigliamo di bere almeno 1,5 litri d’acqua al giorno, in modo che il rene possa svolgere le sue funzioni depuratorie. Se non depuriamo, non eliminiamo le sostanze tossiche e danneggiamo il nostro organismo”.
I cambiamenti climatici, oltre a causare un aumento delle ondate di calore, può anche avere un impatto sulla disponibilità idrica: un mix, secondo l’esperto, pericolosissimo per la salute renale. “Ricordiamo, inoltre – aggiunge il nefrologo – che la disidratazione espone il soggetto a una frequenza maggiore di calcolosi renale: le urine diventano più concentrate, quindi precipitano i sali e questo può essere una motivazione per la quale il rene viene danneggiato”.
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