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Omicidio Giulia Tramontano, i giudici: Impagnatiello “la avvelenò per farla abortire”

2 Settembre 2025

Milano, 2 set. (Adnkronos) – Alessandro Impagnatiello, il barman condannato all’ergastolo per l’omicidio della compagna incinta di 7 mesi, somministrò a Giulia Tramontano il veleno per topi non allo scopo di ucciderla, ma per “provocarle un aborto”. Così la corte d’Assise d’appello di Milano motiva la sentenza con cui lo scorso 25 giugno ha confermato l’ergastolo per Impagnatiello, ma escluso l’aggravante della premeditazione.

Per i giudici è impossibile “retrodatare” il proposito del 32enne di uccidere la compagna dal pomeriggio del 27 maggio 2023, giorno dell’omicidio, a sei mesi prima, quando per la prima volta Impagnatiello, da poco saputo della gravidanza di Giulia, fece ricerche online sul veleno per topi.

“Che Alessandro Impagnatiello abbia accarezzato l’idea di sbarazzarsi della compagna, allorquando fu informato della gravidanza di lei – scrivono i giudici di secondo grado nelle 59 pagine di motivazioni – è ipotesi congetturale, che non ha alcun sostegno indiziario, e non lo ha perché, molto semplicemente, non è rispondente al vero storico”.

“Se in sette mesi Giulia Tramontano non è stata uccisa dal veleno, evidentemente – si legge nelle motivazioni della sentenza di appello – la morte di lei non era quello” che Alessandro Impagnatiello voleva. A dimostrarlo – spiegano i giudici – sarebbero i valori del veleno rilevati nella vittima e nel piccolo Thiago che portava in grembo sono “molto al di sotto” di quelli letali e le ricerche in rete “tutte finalizzate all’aborto del feto, non all’omicidio, premeditato, della madre”.

La corte d’Assise d’appello di Milano sulla questione del veleno ha creduto alle parole dell’imputato, che in aula ha spiegato che “l’unico mio scopo era purtroppo colpire il bambino, il feto, lo scopo era quello”. E le ricerche in rete sui danni che il veleno per topi avrebbe causato alla madre sarebbero state finalizzate a “sapere che danno facesse su una persona adulta, che danno potesse subire Giulia… perché assolutamente io non volevo fare del male a Giulia”.

Né – viene spiegato nelle motivazioni della sentenza di appello – quello teso a Giulia Tramontano al suo ritorno a casa il 27 maggio 2023 è stato un agguato, inteso come “una preordinata trappola”, perché “l’intervallo temporale” tra quando Impagnatiello torna a casa a Senago, verso le 17, e quando aggredisce e uccide Giulia, appena rientrata, verso le 19, è “troppo breve per soddisfare il requisito cronologico” della premeditazione.

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