Referendum: Svimez, ‘sì alla cittadinanza per rafforzare democrazia e coesione’
Roma, 5 giu. (Adnkronos) – “I beneficiari del quesito sulla cittadinanza che propone di ridurre da dieci a cinque anni il periodo di residenza legale necessario agli stranieri extracomunitari per ottenere la cittadinanza italiana, rappresenterebbero il punto di partenza simbolico per avviare un percorso coerente e duraturo di rafforzamento del fondamento democratico del Paese e potenziamento della coesione e della giustizia sociale”. Lo scrive l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno nell’ultimo numero di Informazioni Svimez, pubblicato alla vigilia dei referendum dell’8 e 9 giugno e consultabile sul sito ufficiale dell’Associazione.
“Garantire i diritti di cittadinanza agli stranieri e ai loro figli, oltre a costituire un fondamentale strumento di inclusione, permette di migliorare le prospettive demografiche dei prossimi anni. Le previsioni demografiche dell’Istat delineano un quadro in complessivo peggioramento per l’intera struttura demografica del Paese, con una riduzione importante della platea di giovani e un contestuale ampliamento delle fasce più anziane. Questi cambiamenti, senza correttivi immediati e scelte politiche ambiziose, produrranno effetti dirompenti sui sistemi sociali e sanitari di tutti i territori, anche all’interno di orizzonti temporali relativamente stretti. Oltre a garantire la dimensione critica per la tenuta dei servizi essenziali in numerose aree del Paese a rischio desertificazione – si legge nello studio – dalla riforma referendaria possono derivare rilevanti effetti positivi per invertire la tendenza migratoria, incrementare l’attrattività dei territori e incidere fattivamente sul contenere la crisi demografica del prossimo futuro.”.
La Svimez ha stimato il numero di potenziali beneficiari della riforma nell’ipotesi in cui il referendum raggiunga il quorum e vinca il Sì: 1.417.374 nuovi cittadini italiani: 1.231.317 al Centro-Nord e 204.003 al Mezzogiorno. Di questi, i minorenni sarebbero 291.204: 252.419 al Centro-Nord e 38.676 al Mezzogiorno. La distribuzione dei potenziali beneficiari della riforma non è uniforme sul territorio nazionale, riflettendo sia la geografia demografica del Paese, sia il grado di attrattività delle diverse province italiane in relazione alle opportunità occupazionali e alle condizioni retributive offerte ai migranti.
Nelle grandi città metropolitane si concentra il maggior numero di beneficiari: Milano e Roma con rispettivamente 157mila e 134mila potenziali beneficiari (il 20% della platea complessiva). Seguono, con valori molto più contenuti, le province di Brescia (52.345), Bergamo (43.439) e Firenze (42.445). Sotto le 40mila unità le restanti province. Napoli è la provincia del Mezzogiorno che conta il maggior numero di potenziali beneficiari (39.245), valore anche superiore a quanto riscontrato per la provincia di Torino (38.465). La seconda provincia del Sud per beneficiari è Bari con 15.851.
Lo studio presenta anche la stima provinciale dei migranti minorenni (0-18 anni) che potrebbero essere interessati dalla riforma referendaria. In valori assoluti, le prime province si riconfermano Milano e Roma con rispettivamente 33.207 e 25.015 bambini e ragazzi che potrebbero acquisire la cittadinanza italiana (per trasmissione diretta dai genitori o, raggiunta la maggiore età, per richiesta). Per province come Modena, Verona, Bologna e Venezia, la Svimez stima tra i 7.000 e i 12.000 minorenni potenzialmente beneficiari. In coda al ranking le province più piccole e interne, dove sono molti i comuni con l’unico presidio scolastico a rischio chiusura per carenza di iscritti. Isernia, Enna, Nuoro, Oristano, Vibo Valentia contano meno di 200 minorenni, pochi ma cruciali per mantenere attiva l’unica scuola del territorio comunale.
Secondo la Svimez, va contrastata la percezione dell’immigrazione come problema, trasformandola in una risorsa per il rilancio demografico e produttivo. Conferire lo status giuridico di cittadini italiani a chi, da almeno 5 anni, condivide la cultura, l’educazione e il senso di appartenenza al Paese, non è solo un atto di giustizia e uguaglianza sociale, ma anche un’opportunità concreta per costruire una società più inclusiva e coesa, che guarda all’accoglienza come investimento per il futuro del Paese. Infatti, le proiezioni demografiche al 2035 indicano un calo del 14,2% della popolazione minorile italiana, con picchi negativi nel Sud e nelle isole: -26% in Sardegna, -19,1% in Basilicata, -17,6% in media nel Mezzogiorno. Allo stesso tempo, il saldo migratorio netto si riduce o diventa negativo in molte regioni meridionali.
La presenza di nuove famiglie, si legge nella nota Svimez, aiuterebbe a spezzare il circolo vizioso tra spopolamento e riduzione dei servizi essenziali, a partire dall’istruzione, scongiurando il rischio di chiusura delle scuole primarie nelle aree più marginali del Paese. In Italia ci sono circa 3.000 comuni (il 38% del totale) in cui l’unica scuola primaria conta meno di 125 alunni, al di sotto della soglia considerata critica per il rischio di chiusura. In questi comuni, i bambini stranieri rappresentano in media il 10,6% degli iscritti: senza di loro, molte scuole non raggiungerebbero la “dimensione critica” per rimanere aperte. Nel Mezzogiorno, questa percentuale crolla al 5%, e in Sardegna addirittura al 2,5%, evidenziando un deficit di attrattività strutturale.
La riduzione dei tempi di accesso alla cittadinanza può rappresentare un incentivo concreto per le famiglie straniere a stabilirsi in queste aree, dove l’accoglienza dei migranti è un fattore decisivo per mantenere e rafforzare la “dimensione critica” necessaria a garantire i servizi essenziali per tutti i cittadini, per nascita e naturalizzazione. L’efficacia della riforma dipenderà dalla volontà di inserire lo strumento in un più ampio programma di rafforzamento delle politiche di coesione territoriale che consentano di offrire pari opportunità lavorative e retributive, scongiurando il rischio di un ulteriore ampliamento dei divari sociali e economici, dei quali le differenze territoriali documentate nella distribuzione dei bambini stranieri sono solamente una delle tante manifestazioni.
“Estendere i diritti di cittadinanza degli stranieri, come prevede il referendum dell’8/9 giugno, non è solo una battaglia di democrazia a favore di coloro che già oggi contribuiscono alla crescita del Paese, ma va nella direzione di ribaltare la percezione comune sull’immigrazione regolare: da fattore di pericolo a investimento per il futuro del Paese. Favorire l’attrazione di nuove famiglie può infatti contribuire a contrastare le dinamiche demografiche avverse e a spezzare il circolo vizioso tra spopolamento e rarefazione dei servizi pubblici essenziali”, così il Direttore Generale della Svimez Luca Bianchi.
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