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Riforme: Giorgis (Pd), ‘su premierato da destra forzatura che mortifica Parlamento’

12 Giugno 2025

Roma, 12 giu. (Adnkronos) – “Abbiamo appreso che alla Camera la maggioranza si appresta ad esaminare in Aula la riforma del Premierato, anche se la commissione non ha concluso l’esame in sede referente, in maniera analoga a ciò che sta per avvenire qui al Senato in relazione alla riforma della Giustizia. Una forzatura, una mortificazione del Parlamento che non ha precedenti. Dopo l’esame del testo in Senato, ci saremmo aspettati maggiore riflessione”. Lo ha detto il senatore Andrea Giorgis, capogruppo del Pd nella Commissione Giustizia.

“Invece nulla di tutto ciò, ma solo l’arrogante e incomprensibile perseverare in una ipotesi di riforma che vorremmo sapere se e come il Governo e la sua maggioranza intendono riconsiderare, anche per rispondere alle molte critiche che, insieme alla quasi totalità degli esperti, abbiamo sollevato, e che hanno evidenziato l’incompatibilità della riforma con i fondamentali principi della democrazia pluralista, della separazione e della limitazione del potere, sanciti in tutte le costituzioni europee approvate all’indomani della tragica esperienza delle due guerre”.

“L’elezione diretta del Presidente del Consiglio e la contestuale elezione di una ‘sua’ maggioranza parlamentare eletta per ‘trascinamento’ – ha continuato Giorgis – determinerà una concentrazione del potere in una sola figura, il Presidente del Consiglio, che non ha eguali in nessuna democrazia costituzionale europea. E determinerà una radicale trasformazione della natura e della funzione del Parlamento, perché la composizione di quest’ultimo non dipenderà più solo dal voto che i cittadini esprimeranno per eleggere i deputati e i senatori, ma dipenderà da un voto espresso sul Presidente del Consiglio, e ciò indipendentemente dal raggiungimento di qualsiasi soglia minima di consenso. In tal modo si certifica, l’esplicita e definitiva rinuncia alla costruzione dell’unità dal basso, attraverso il protagonismo organizzato dei cittadini. Una rinuncia che finisce con il ridurre, anziché ampliare, il potere politico dei cittadini e finisce con il rendere le istituzioni politiche non solo meno plurali, meno rappresentative e quindi meno democratiche, ma anche più fragili e più deboli”.

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