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Shoah: gip Milano ordina nuove indagini su 100 odiatori online di Liliana Segre (2)

28 Aprile 2025

(Adnkronos) – Il provvedimento riguarda 246 messaggi scritti su internet che sono stati portati all’attenzione dell’autorità giudiziaria con 27 querele presentate da Segre dal dicembre 2022 al luglio 2024. Nonostante la difficoltà di rintracciare chi scrive minacce e insulti dietro a una tastiera, il giudice ritiene che sia necessario indagare ancora per dare un nome agli odiatori social. Per il giudice di Milano Carboni, “accusare di nazismo una reduce dai campi di sterminio integra di per sé il reato di diffamazione sia nei casi in cui tale epiteto viene esternato in modo apodittico e non argomentato, sia quando esso si accompagna a riferimenti che richiamano con spregevole ironia la vita nei lager. Espressioni simili non possono essere considerate forme di manifestazione di un pensiero critico che, per quanto discutibile, sarebbe comunque legittimo nel dibattito democratico”. Ad esempio nella lunga lista di messaggi rivolti alla senatrice Segre ci sono anche quelle di chef Rubio, ma non vengono ritenute diffamatorie.

Accusare di nazismo costituisce “uno sfregio alla verità oggettiva e rappresentano la più infamante delle offese per la reputazione di chi ha speso la propria vita per testimoniare gli orrori del regime e per coltivare la memoria dell’olocausto. Il tragico vissuto personale della senatrice Segre e l’incidenza che l’ideologia nazista ha avuto nella sua esistenza sono circostanze che erano ben conosciute agli autori dei post, i quali hanno accostato il termine nazista alla sua immagine proprio in ragione della speciale carica offensiva che ne sarebbe derivata”. La circostanza “che espressioni offensive siano state formulate sul web non caratterizza la vicenda in termini di minor disvalore. Al contrario, il procedimento in esame conferma che l’estrema diffusività dello strumento informatico genera spirali di odio e violenza che sono alimentate proprio dalla inescusabile leggerezza con cui gli utenti si lasciano andare a commenti diffamatori”.

Il numero “impressionante” di messaggi “che si pongono ben oltre il limite più estremo della continenza non può determinare una sorta di assuefazione a un fenomeno che, invece, deve essere valutato secondo i consueti canoni di giudizio che regolano il confine fra diritto di critica e diritto all’onore. Il web non rappresenta un terreno franco dove ogni insulto è consentito e dove la reputazione degli individui può essere calpestata impunemente. Va ribadito che lo schermo di un computer non è una barriera che assicura l’anonimato e che la tastiera non è un’arma contro la quale non ci sono difese. Va ribadito che lo Stato è presente e che è pronto ad andare fino in fondo per tutelare i diritti di chi invoca il suo intervento” conclude il giudice.

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