Aceti (Salutequità): “Rivedere nuovo sistema garanzia Lea, troppe falle”
Roma, 15 giu. (Adnkronos Salute) – “Nel 2022 alla sanità pubblica sono state destinate risorse per 124 miliardi, ma il nuovo sistema nazionale di controllo e verifica dell’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza nelle regioni ha troppe ‘falle’, che se non corrette subito faranno aumentare le disuguaglianze e renderanno sempre meno esigibile il diritto alla salute. Ci sono infatti solo 22 indicatori ‘core’ per verificare e valutare l’erogazione dei Lea nelle regioni. Il nuovo sistema di garanzia dei Lea ha 12 indicatori core di monitoraggio in meno, tutti approvati prima della pandemia e del Piano nazionale di ripresa e resilienza, quindi inadeguati alle attuali sfide che attendono il Servizio sanitario nazionale e i diritti dei pazienti. Nessun indicatore (core) ad esempio su Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali, telemedicina, farmaci innovativi, aderenza terapeutica, pronto soccorso, intramoenia, malattie rare, equità sociale, recupero cure mancate, e solo un indicatore su liste di attesa”. Così Tonino Aceti, presidente di Salutequità, in occasione del seminario nazionale ‘Analisi del nuovo sistema di garanzia dei Lea’, promosso oggi a Roma da Salutequità, con il contributo non condizionato del Gruppo Servier in Italia.
Presenti all’evento numerosi esperti e decisori. Obiettivo dell’iniziativa: contribuire con idee costruttive al cambiamento che serve al Paese. “Manca un sistema di aggiornamento agile, flessibile e dinamico degli indicatori di monitoraggio – aggiunge Aceti – e la pubblicazione dei dati 2020 è già in ritardo di 6 mesi rispetto alla scadenza prevista al 31 dicembre 2021”. Tutto questo “in un quadro in cui il monitoraggio e la verifica – sottolinea – hanno più valore che mai: in 2 anni di pandemia cresce la rinuncia alle cure, sono saltate visite ed esami anche per i malati cronici e peggiora l’aderenza terapeutica ai trattamenti. Nel 2021, secondo l’ultimo Rapporto Bes dell’Istat, è quasi raddoppiata rispetto al 2019 la percentuale di chi ha rinunciato alle cure: dal 6,3% del 2019 si è passati all’11% del 2021. Tra le regioni con più alta rinuncia alle cure vi sono la Sardegna (18,3%), l’Abruzzo (13,8%), il Molise e il Lazio (13,2%). Parallelamente, secondo l’Istat, nel 2021 aumentano anche le spese sanitarie a carico delle famiglie, attestandosi a 118 euro al mese, con un +9% rispetto al 2020”.
La pandemia ha influito anche sulla presa in carico delle cronicità. Secondo il Rapporto annuale 2021 dell’Istat – è emerso dai lavori del seminario – nel 2020 sono saltate rispetto al 2019 quasi un terzo delle visite di controllo e prime visite volte a impostare il piano terapeutico. A risentirne subito è stata l’aderenza terapeutica: dal Rapporto Osmed 2020 dell’Aifa, si evince è ad esempio che è aumentata la percentuale di persone con bassa aderenza al trattamento con farmaci per l’ipertensione e lo scompenso cardiaco, attestandosi nel 2020 al 18,1% (variazione di +2 punti percentuale rispetto al 2019). La bassa aderenza tende ad aumentare con l’età e comunque presenta valori più critici al Sud e al Centro.
“Contestualmente – ricorda Aceti – il Governo ha incrementato le risorse per il Ssn portandole da oltre 114 miliardi del 2019 a circa 124 nel 2022 e 128 nel 2024, e potrà contare su 18,5 miliardi aggiuntivi del Pnrr attraverso i quali realizzerà investimenti e riforme”. Ma “i maggiori finanziamenti messi sinora sul piatto – sostiene il presidente di Salutequità – potrebbero però non essere sufficienti per aumentare come servirebbe l’accesso alle cure dei cittadini, ridurre le liste di attesa, contrastare le disuguaglianze e mettere a terra le riforme, a partire da quella della nuova sanità territoriale. Serve un sistema di controllo e verifica dell’erogazione dei Lea nelle regioni più forte e dinamico rispetto a quello attuale, in grado di cogliere molto meglio le reali difficoltà che ogni giorno incontrano i cittadini in tutti gli ambiti dell’assistenza, poter intervenire con misure più mirate di potenziamento dei Lea, spingere in tutte le regioni l’attuazione concreta della programmazione nazionale e delle riforme, così da utilizzare al meglio tutte le risorse stanziate”.
Il nuovo sistema di garanzia dei Lea, entrato in vigore il 1 gennaio 2020, “è già vecchio – rimarca Aceti – e va subito ammodernato, come peraltro previsto dal Patto per la Salute 2019-2021. Inoltre, un suo rafforzamento darebbe al ministero della Salute anche la possibilità di esercitare in modo più incisivo le sue competenze a garanzia dell’unitarietà del Ssn e dell’esigibilità dei Lea in tutte le regioni. Ministero della Salute, Mef e Regioni aprano subito un tavolo”.
Per questo Salutequità ha lavorato a una ‘Gap analysis per l’equità nel nuovo sistema di garanzia dei Lea’, presentata oggi a Roma nel corso del seminario. Secondo lo studio andrebbero messi a punto o rafforzati indicatori core ad hoc su: attuazione Piano nazionale della cronicità, con particolare riguardo al sistema di stratificazione della popolazione; aderenza terapeutica e Pdta; qualità e accessibilità dell’assistenza primaria; equità di accesso alla telemedicina e completezza/utilizzo del fascicolo sanitario elettronico; tempestivo accesso ai farmaci innovativi; qualità dell’assistenza domiciliare integrata; rispetto norme liste di attesa e recupero delle cure mancate a causa del Covid.
E ancora: attuazione e rispetto del decreto sugli standard dell’assistenza territoriale (Dm71) a partire dagli standard dell’infermiere di famiglia e di comunità all’ulteriore personale infermieristico, medico e delle altre professioni coinvolte; accessibilità, qualità e sicurezza delle cure nei pronto soccorso; qualità, accessibilità ed equità dell’assistenza garantita alle persone con malattie rare; umanizzazione e sicurezza delle cure; rispetto delle norme relative alla regolamentazione dell’intramoenia; equità sociale attraverso il tasso di rinuncia alle cure.
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