Aiic: “Per telemedicina investire su persone oltre che su tecnologie”
Milano, 14 giu. (Adnkronos Salute) – Il Piano nazionale di ripresa e resilienza Pnrr, nella Missione 6, investe un miliardo di risorse affinché la telemedicina, di cui esistono 369 esperienze a livello locale, entri in maniera capillare all’interno del territorio e la casa diventi primo luogo di cura del paziente. “Bisogna però investire altrettanto sulle professionalità e quindi agire non solo sulla parte tecnologica”. Lo afferma Emilio Chiarolla, coordinatore gruppo Telemedicina dell’Associazione italiana ingegneri clinici (Aiic), intervenendo al XXII Convegno nazionale dell’Aiic, in corso a Riccione fino al 15 giugno. “Non mancano solo le risorse umane – avverte – ma anche la preparazione culturale, sia dei pazienti che degli operatori. La scommessa quindi è creare competenze e portare le esperienze fatte a livello ospedaliero-aziendale su scala regionale e nazionale. In questa fase servono le competenze tecniche per la progettazione e la messa a punto di sistemi, standard di interoperabilità, che facilitino l’integrazione dei dati e la messa a regime delle soluzioni su scala nazionale da un lato, e la formazione di una cultura adeguata dall’altro”.
La grande scommessa per la telemedicina – sottolinea l’Aiic in una nota – è il rilancio dell’organizzazione dei servizi territoriali per portare la sanità fino al domicilio, come previsto dal cosiddetto Dm71. Servono dunque tecnologia e competenze adeguate. “Molte esperienze già presenti a livello regionale esprimono contenuti tecnologici rilevanti – osserva Chiarolla – ma spesso non sono collegate all’interno di un ecosistema di sanità digitale, cioè al fascicolo sanitario, alle cartelle cliniche o ai sistemi di prenotazione. A questo si deve aggiungere la questione critica dell’interoperabilità del dato, cioè la possibilità e la capacità di far dialogare sistemi diversi, oltre al tema della sicurezza e della cybersecurity”.
Il Governo sta facendo atti normativi, “ma questo si deve accompagnare a deliberazioni regionali e territoriali per come organizzare i processi – precisa Serena Battilomo, direttore Sistema informativo sanitario nazionale del ministero della Salute – La tecnologia, senza un ripensamento dei processi e dell’organizzazione, non può fare nulla e la componente umana è fondamentale”.
I tempi prevedono che, entro settembre 2024, ogni Regione abbia approvato un progetto di telemedicina per fare in modo che 200mila persone siano seguite nel 2025, ricordano gli ingegneri clinici. Rimarcando che si tratta di costruire una cultura per l’uso della tecnologia, perché i problemi si sono verificati nel 61% dei casi per problemi tecnici, ma con la stessa percentuale anche per problemi culturali: pazienti e professionisti non sono pronti.
Si capisce quindi perché, come previsto dalla Missione 6 del Pnrr – prosegue la nota – siano due le piattaforme specifiche da realizzare: la Component 1, per l’erogazione delle prestazioni, di cui si sta occupando Agenas, e la Component 2 che ha il compito di governance e monitoraggio delle prestazioni di telemedicina e fare formazione e informazione. “Semplificando, potremmo dire che la piattaforma Component 1 crea l’autostrada – è la metafora di Chiarolla – e la Component 2 forma le persone e monitora il traffico, verificando che tutti abbiano standard per far viaggiare i dati”. Nello specifico, poi, sono tre i tavoli di lavoro ministeriali per la piattaforma Component 2, a cui siede Aiic per fornire elementi utili a formazione, validazione e monitoraggio delle soluzioni esistenti.
In merito all’opportunità offerta dal Pnrr per un cambio di passo grazie alla telemedicina, anche Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, intervenendo al meeting Aiic pone l’accento sull’importanza strategica del fattore umano: “Se l’obiettivo è utilizzare questo denaro per rilanciare il servizio sanitario, serve collaborazione tra Stato e Regioni – ammonisce – Servono riforme coraggiose e vincolare la spesa corrente per il personale sanitario, altrimenti sarà solo una sola operazione di lifting, particolarmente costoso”.
Propone un rinnovamento di mentalità Antonio Vittorio Gaddi, presidente della Società italiana di telemedicina (Sit), per evitare la creazione di flussi e dati ridondanti e ingestibili. Nell’applicazione della telemedicina, puntualizza, bisogna “ragionare con uno schema che parta dal paziente, dal bisogno del paziente, e da qui definire gli obiettivi clinici e sanitari, quindi decidere cosa impiegare e inserire anche indicatori di risultato clinico, ricoveri e complicanze. Non servono solo risultati di struttura. L’etica prevede indicatori di processo e struttura per il bene del paziente, in cui la tecnologia favorisce e non limita il rapporto medico-paziente”.
In questo contesto, conclude Chiarolla, l’Aiic può “aiutare nella transizione digitale in termini di formazione e informazione per i clinici e cittadini, e per questo ci sarà bisogno di un numero sempre maggiore di ingegneri clinici anche sul territorio”.
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