Al Gemelli trattato con terapia genica un giovane paziente con emofilia A, primo nel Lazio
Roma, 7 nov. (Adnkronos Salute) – L’emofilia A è una patologia genetica rara che colpisce circa una persona su 5.000; i pazienti sono quasi sempre maschi, perché la malattia viene trasmessa attraverso il cromosoma X dalle madri portatrici. La malattia è dovuta ad una carenza del fattore VIII, una proteina essenziale per la coagulazione del sangue. Fino ad oggi, il trattamento era rappresentato in larga parte dalle infusioni regolari del fattore VIII mancante, per prevenire o gestire le emorragie, spesso con un impatto significativo sulla qualità della vita. Oggi il Policlinico Gemelli di Roma annuncia che per la prima volta nel Lazio è stata somministrata una terapia genica contro l’emofilia A ad un paziente di 29 anni affetto dalla forma più grave dell’emofilia A.
“Il giovane è in cura dalla nascita con tutte le terapie che si sono succedute in questi decenni; attualmente è in trattamento con infusioni di fattore VIII ricombinante pegilato, due volte a settimana. La malattia non gli ha impedito di praticare nuoto a livello agonistico e di proseguire nella tradizione di famiglia di lavorare nel campo immobiliare – sottolinea una nota del Gemelli – Ma la necessità di doversi sottoporre due-tre volte a settimana alle infusioni di fattore VIII ha rappresentato comunque un limite importante per tutta la sua vita. Poi, è arrivata l’offerta di sottoporsi a terapia genica: tre ore di infusione per riscrivere il suo futuro. E il suo organismo ha infatti già cominciato a produrre fattore VIII”.
La procedura è stata effettuata nella prima settimana di ottobre dal team medico della Uosd Malattie Emorragiche e Trombotiche di Fondazione Policlinico Gemelli Irccs, coadiuvati dal dottor Domenico Tarantino della Farmacia Interna di Fondazione Policlinico Gemelli e dal personale infermieristico del Poliambulatorio diretto dalla coordinatrice di sala Carmelina Melchionda. a nuova terapia genica, prodotta dalla biotech americana BioMarin, utilizza un vettore virale inattivato (adeno-associato, AAV5) per trasportare una copia normale del gene responsabile della produzione del fattore VIII. Il trattamento prevede un’unica somministrazione endovenosa; questo consente all’organismo di produrre il fattore della coagulazione mancante in modo autonomo e duraturo. Il gene ‘mancante’, somministrato per via endovenosa infatti si va ad insediare nelle cellule del fegato e le induce a produrre il fattore VIII.
“La terapia genica per l’emofilia è un’innovazione straordinaria per la medicina e per la comunità delle persone con emofilia – afferma il professor Raimondo De Cristofaro, Associato di Medicina Interna presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore della Uosd Malattie Emorragiche e Trombotiche -. Questa terapia affronta alla radice la causa genetica dell’emofilia A e non solo i suoi sintomi. Per il paziente questo significa affrancarsi gradualmente dalle infusioni periodiche di fattore VIII, che hanno scandito la sua vita fino ad oggi. Per me, che ho trattato queste persone per tutta la mia vita professionale, vedere i livelli di fattore VIII aumentare spontaneamente e progressivamente da un controllo all’altro, rappresenta un’emozione indescrivibile. A tre settimane dall’infusione della terapia genica, il paziente è arrivato ad un livello di fattore VIII del 14%; l’obiettivo, per poter sospendere definitivamente la terapia sostitutiva con le infusioni bisettimanali di fattore VIII, è arrivare almeno al 20-25%, ma è un traguardo che appare veramente a portata di mano”.
Oltre al beneficio clinico, l’impatto psicologico e sociale della terapia genica è enorme: David potrà da oggi vivere una vita più piena, libera e attiva, senza il costante peso delle infusioni e la paura delle complicanze emorragiche. “Finalmente vivo con una ‘leggerezza normale’, libero di viaggiare, lavorare e fare sport senza più catene, imbarazzi o infusioni – commenta David -È come se una parte di me avesse finalmente smesso di vivere in allerta”.
La disponibilità di questo trattamento, riservato alle forme più gravi dell’emofilia A e senza un controllo ottimale, rappresenta una sfida per il sistema sanitario, visti i costi ancora molto elevati. Ma per i pazienti più gravi è un’occasione unica. “La terapia, per la prima volta nel Lazio, è un traguardo che conferma l’eccellenza delle cure regionali –conclude il dottor Ernesto Borrelli, presidente dell’Associazione Emofilici Lazio (Ael). Riservata a pochi casi specifici, supera una frontiera medica attesa. Il plauso va ai medici che l’hanno resa possibile, con l’augurio che sempre più pazienti possano beneficiarne”.
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