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Aviaria, un morto in Messico: era primo caso umano al mondo da virus H5N2

6 Giugno 2024

Milano, 6 giu. (Adnkronos Salute) – Il Messico segnala “il primo caso umano confermato in laboratorio a livello globale” di influenza aviaria da virus A/H5N2. Si tratta di un uomo messicano di 59 anni, deceduto, che già soffriva di diverse altre malattie e per il quale non è stata riferita alcuna “esposizione a pollame o altri animali”. Lo ha comunicato l’Organizzazione mondiale della sanità, dopo che il 23 maggio scorso le autorità messicane hanno riferito il caso alla Pan American Health Organization (Paho), l’ufficio regionale dell’Oms per le Americhe.

“Sebbene la fonte di esposizione al virus in questo caso sia attualmente sconosciuta, in Messico sono stati segnalati virus A/H5N2 nel pollame”, precisa l’Oms. “Sulla base delle informazioni disponibili”, l’agenzia delle Nazioni Unite per la salute valuta “basso il rischio attuale per la popolazione generale rappresentato da questo virus”. Il virus H5N2 è un sottotipo diverso dal più noto H5N1 responsabile dell’epidemia in corso tra i bovini da latte in 9 stati Usa, con 3 casi umani al momento collegati.

Il caso è stato riferito a Paho/Oms dal Messico attraverso il National Focal Point previsto dall’International Health Regulations (Ihr Nfp). Secondo quanto raccontato dai familiari del 59enne, residente in Messico – ricostruisce l’Oms – prima di manifestare sintomi acuti l’uomo era allettato da 3 settimane per altre ragioni. Il 17 aprile ha sviluppato febbre, fiato corto, diarrea, nausea e malessere generale; il 24 aprile ha richiesto cure mediche ed è stato ricoverato al National Institute of Respiratory Diseases ‘Ismael Cosio Villegas’ (Iner) di Città del Messico, dove è morto il giorno stesso per complicanze.

Dal test Pcr condotto su un campione respiratorio raccolto e testato all’Iner il 24 aprile, la vittima è risultata affetta da un virus dell’influenza A non sottotipizzabile. L’8 maggio il campione è stato inviato per il sequenziamento al Laboratorio di biologia molecolare delle malattie emergenti del Centro per la ricerca sulle malattie infettive dell’Iner, che riscontrato la positività al virus A/H5N2. Il 20 maggio il campione è arrivato all’Istituto di diagnosi epidemiologica e di riferimento (Indre) del Centro nazionale messicano, dove l’analisi Pcr ha confermato la positività all’influenza A. Il 22 maggio il sequenziamento ha confermato il sottotipo A/H5N2.

Durante l’indagine epidemiologica condotta, puntualizza l’Oms, “non sono stati segnalati ulteriori casi”. Dei 17 contatti del 59enne identificati e monitorati dall’Iner, “uno ha riferito di avere ‘il naso che cola’ tra il 28 e il 29 aprile. I campioni prelevati da questi contatti ospedalieri tra il 27 e il 29 maggio sono risultati negativi per l’influenza e per Sars-CoV-2”. Nei pressi della residenza dell’uomo sono stati inoltre individuati “12 ulteriori contatti (7 sintomatici e 5 asintomatici)”, dai quali sono stati ottenuti campioni faringei, tamponi nasofaringei e siero. I risultati delle analisi sul siero ancora si attendono, mentre riguardo agli esami condotti sugli altri campioni, “il 28 maggio l’Indre ha comunicato che tutti risultano negativi per Sars-CoV-2, influenza A e influenza B, come determinato mediante Pcr”.

L’Oms sottolinea che “nel marzo 2024 un focolaio di influenza aviaria A/H5N2 ad alta patogenicità” Hpai “è stato rilevato in un allevamento di pollame nello stato di Michoacán, che confina con lo stato del Messico dove risiedeva” il 59enne. Inoltre, sempre “nel marzo 2024 è stato identificato un focolaio di influenza aviaria a bassa patogenicità (Lpai) A/H5N2 nel pollame a Texcoco, stato del Messico”, mentre “un secondo focolaio di aviaria Lpai A/H5N2” è stato individuato “in aprile nel comune di Temascalapa”, ancora “nello stato del Messico”. Tuttavia, chiarisce l’agenzia, “finora non è stato possibile stabilire se questo caso umano sia correlato alle recenti epidemie nel pollame”.

Oltre a rappresentare “il primo caso umano confermato in laboratorio di infezione da virus influenzale A/H5N2 segnalato a livello globale”, quella descritta è “la prima infezione umana da virus aviario H5 segnalata in Messico”.

“Un caso isolato che, purtroppo, rientra nella casistica attesa e che non deve suscitare allarme, fino a quanto resta un caso unico”. Tranquillizza Pier Luigi Lopalco, docente di Epidemiologia all’università del Salento, in merito al decesso in Messico.

“Casi isolati di infezioni gravi da virus di influenza aviaria – spiega all’Adnkronos Salute Lopalco – sono segnalati nel mondo in maniera abbastanza costante. Difficile ipotizzare come il virus sia arrivato ad infettare questo povero cittadino, ma sicuramente sarà originato da qualche allevamento di polli nei paraggi. Da sottolineare che il ceppo è del tutto differente dall’H5N1 che sta circolando in Nord America, anche se le sigle sembrano simili”.

“Le informazioni che arrivano riguardo all’influenza aviaria”, in particolare ai casi umani di infezione, “credo evidenziano il fatto che stiamo vedendo solo la punta di un iceberg”. Il virologo dell’università di Milano Fabrizio Pregliasco dipinge “una situazione non piacevole”, su una malattia che “in futuro potrebbe crearci problemi”, commentando all’Adnkronos Salute il caso messicano.

L’esperto ritiene che “sarà necessaria una pianificazione per assicurare la disponibilità di un vaccino specifico anti-aviaria”. Uno strumento che “presumibilmente” potrà essere utilizzato secondo “una strategia mirata alla protezione dei gruppi più a rischio”, a cominciare da “allevatori e altre categorie esposte in via diretta” ad animali potenzialmente infetti. Il caso descritto dall’Organizzazione mondiale della sanità è un “segnale da valutare con attenzione”, sottolinea Pregliasco. Un elemento “di cui dobbiamo ‘pre-occuparci’ nel senso letterale di occuparci prima”, ribadisce. “Serve avere contezza a livello internazionale” di questa minaccia, “ma anche rafforzare a livello italiano la sorveglianza, che è il primo cardine per riuscire a contenere l’eventuale diffusione” di virus aviari in altre specie “e che però va rilanciata”.

“Dopo Covid – osserva il medico – siamo in una fase in cui è difficile comunicare. Sembra di gridare ‘al lupo al lupo’, di evocare i momenti più tristi come se ci si volesse tornare. Ma davvero – ammonisce – non dobbiamo rimanere impreparati di fronte a questo problema”.

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