Bambini e anemia falciforme, centrali sport therapy e riabilitazione
Roma, 22 giu. (Adnkronos Salute) – Un bambino con anemia falciforme “deve avere una vita piena e completa, al di là della malattia e al di fuori dell’ospedale, che sia il più possibile uguale a quella degli altri bambini: deve poter frequentare la scuola, giocare, fare sport”. Così Paola Corti, medico ematologo pediatra, responsabile dell’ambulatorio Globulo rosso presso la Fondazione Monza e Brianza per il bambino e la sua mamma al Centro Maria Letizia Verga dell’ospedale San Gerardo di Monza, ad ‘Alleati per la Salute’ (www.alleatiperlasalute.it), il portale dedicato all’informazione medico-scientifica realizzato da Novartis.
La realtà ospedaliera di Monza offre un servizio di riabilitazione e uno di ‘sport therapy’ ed è un riferimento di eccellenza per i pazienti con anemia falciforme, una malattia rara, cronica e complessa. La causa è un difetto genetico che provoca la presenza di una emoglobina anomala, l’emoglobina S (emoglobina falciforme) che porta i globuli rossi ad assumere la forma a falce (sickling), che ostacola il normale flusso ematico all’interno dei vasi sanguigni e causa crisi dolorose (crisi falcemiche), infiammazione, infezione, trombosi e danni multiorgano.
Grazie anche al progetto di ricerca sport therapy, “preveniamo i danni che la malattia può lasciare a livello muscolare e osseo. Danni gravi – sottolinea Corti – che possono ostacolare il normale sviluppo psicomotorio e l’adeguata crescita di questi bambini”. L’allenamento di precisione, adattato alle caratteristiche individuali, è offerto a tutti i bambini e adolescenti che afferiscono al centro. L’ematologo organizza il primo incontro con il medico dello sport e lo scienziato motorio. Viene poi effettuata una valutazione medico sportiva per la programmazione di una serie di esercizi mirati e “focalizzati sulla prevenzione o sul trattamento di processi patologici già in atto come l’osteonecrosi (la morte del tessuto osseo, dovuta a un mancato o insufficiente afflusso di sangue, ndr) a carico degli arti”, evidenzia la specialista.
Fino a qualche anno fa, ricorda Corti, si interveniva con la sola riabilitazione motoria, “con i fisiatri e fisioterapisti, dopo gli interventi di natura ortopedica su problematiche osteonecrotiche o osteomileitiche (infezione dell’osso, ndr) legate alla malattia. Veniva eseguita la fisioterapia in ospedale e poi si doveva affrontare il vero problema, ovvero come reinserire il bambino in tempistiche più lunghe sul territorio garantendo un recupero adeguato, una crescita e uno sviluppo armonico”. Dal 2017, invece, con il progetto di ricerca sport therapy’ si interviene nella prevenzione delle complicanze – riferisce l’articolo – nella capacità di portate il paziente, quando necessario, all’intervento chirurgico in condizioni migliori, e seguendolo poi nella ripresa della sua capacità di compiere esercizio e di reinserimento a pieno titolo nella sua vita sportiva e sociale: lo sport è per definizione inclusivo.
“Oggi, durante le settimane del trapianto di midollo osseo, nella sua stanza – spiega Corti – il piccolo paziente (bambino o adolescente), compatibilmente con la situazione clinica, cammina, fa esercizi di potenziamento muscolare, gioca, pratica sport come il calcio o il golf, fa danza. Il tutto in sicurezza e con risultati dimostrati attraverso pubblicazioni scientifiche e congressi internazionali”.
L’obiettivo della sport therapy è quello di “fare muovere i bimbi a fronte di situazioni cliniche complesse – aggiunge Luca Pollastri, medico dello sport – Questo significa cercare strategie per effettuare un’attività compatibile con la situazione contingente, conoscere la patologia, avere la possibilità di un supporto specialistico pediatrico e mettere assieme le conoscenze con lo scienziato motorio per cercare il percorso compatibile e di supporto al paziente”.
La forza del centro è quella di un team di specialisti ed esperti in grado di intervenire in modo armonico in base alle esigenze specifiche del singolo bambino.
“E’ assolutamente importante la relazione tra ematologo pediatra, medico dello sport e scienziati motori, perché la collaborazione, nell’individuare esercizi che i bambini possano fare, è fondamentale per mettere in pratica quanto si definisce a livello clinico”, rimarca Wiliam Zardo, scienziato motorio del centro. Per i genitori, “vedere che si investe anche sullo sport in una fase di crescita – conclude Pollastri – dà una speranza importante nel lungo termine. La presa in carico globale è molto apprezzata”.
L’articolo completo è disponibile su:https://www.alleatiperlasalute.it/alla-scoperta-di/sport-therapy-e-riabilitazione-nei-pazienti-con-anemia-falciforme.
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