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Cancro alla prostata, dopo asportazione nuove opzioni per pazienti incontinenti

21 Giugno 2022

Roma, 21 giu. (Adnkronos Salute) – Ogni anno in Italia a circa 36mila uomini viene diagnosticato un cancro alla prostata, tuttora la neoplasia più diffusa fra gli over 50. Di questi, circa 16mila vengono sottoposti a prostatectomia, cioè l’asportazione radicale del tumore. A seguito dell’intervento, l’80% dei pazienti sviluppa incontinenza urinaria che nel 5-10% dei casi può persistere, con vari livelli di gravità, anche a distanza di un anno. Oggi, però, a disposizione dei pazienti ci sono nuove soluzioni terapeutiche – gli sfinteri urinari artificiali (Sua) – ritenute efficaci e risolutive, rispetto ai presidi per incontinenza ampiamente utilizzati (pannoloni).

“Tuttavia, il Servizio sanitario nazionale – sottolinea in una nota Boston Scientific Italy – riesce a coprire solo il fabbisogno del 24% dei pazienti potenzialmente idonei a questi impianti terapeutici per diverse ragioni, tra cui: inadeguatezza dei rimborsi riconosciuti dalle Regioni, pochi centri specializzati, liste d’attesa e scarsa informazione dei pazienti”. E i problemi legati alla continenza maschile saranno al centro della World Continence Week, evento che – dal 20 al 26 giugno – consentirà in tutto il mondo di fare il punto sulle soluzioni terapeutiche oggi disponibili.

“Intanto, un recente studio pubblicato su Farmeconomia – Health economics and therapeutic pathways dal titolo ‘Artificial Urinary Sphinctersas a Treatment for Post-Prostatectomy Severe Urinary Incontinence in Italy: a Cost-Utility Analysis’ – prosegue la nota – analizza per la prima volta la sostenibilità economica e sociale delle terapie esistenti, mettendo a confronto gli sfinteri urinari artificiali e i presidi per incontinenza, calcolando cioè i costi diretti, ovvero a carico del Ssn, indiretti (a carico del paziente) e sociali (l’impatto sulla qualità di vita e i costi della disabilità). Lo studio, condotto dal Ceis (Centre for economic and international studies), identifica tra gli attuali approcci all’incontinenza il sistemaAMS800 come la soluzione economicamente più sostenibile per il Ssn italiano”.

“Lo SUAAMS800, nato dalla ricerca Boston Scientific, pur compiendo 50 anni di storia è ancora sottoutilizzato – osserva l’azienda – Grazie ai suoi aggiornamenti, il sistema si è rivelato a tutt’oggi la migliore opzione terapeutica in termini di costo/efficacia rispetto agli altri presidi per incontinenza urinaria. L’analisi dei costi dell’incontinenza urinaria in Italia ha mostrato, infatti, un impatto economico rilevante a carico del Ssn, pari a 842 euro annui per paziente derivanti, oltre che da visite di controllo e farmaci, dall’utilizzo previsto di 4 pannoloni al giorno, ovvero il massimo quantitativo rimborsabile, anche se solitamente, come mostrato in letteratura e da dati real world, tali pazienti ne consumano almeno una decina. L’analisi rileva anche implicazioni psicologiche di grande valore e un importante miglioramento della qualità di vita (QoL) del paziente. A seguito dell’impianto diAMS800, il paziente arriva infatti a ridurre drasticamente l’impiego di pannoloni che passano da una decina a 0/1 al giorno (continenza pressoché totale)”.

“L’utilizzo dello sfintere urinario artificiale rappresenta una innovazione dirompente in quanto determina un cambiamento radicale nella gestione dei pazienti incontinenti”, afferma Francesco Saverio Mennini, research director Eehta del Ceis della Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e presidente della Sihta. Il suo impiego per la cura dell’incontinenza urinaria maschile post-prostatectomia per tumore prostatico, “oltre a migliorare la salute del paziente e la sua qualità di vita, si dimostra una scelta vantaggiosa per il Ssn e per la società dal punto di vista economico, con una prevista riduzione dei costi superiore al milione di euro. Questo risultato è generato dalla riduzione degli eventi avversi, dal raggiungimento dello stato di continenza totale e dal miglioramento della qualità di vita dei pazienti, rispetto alle terapie conservative attualmente utilizzate”, conclude Mennini.

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