Cancro ovaio, esperti: “Sostenere ricerca per arrivare a diagnosi precoce”
Roma, 28 Set. (Adnkronos Salute) – Il 70% delle donne con tumore ovarico conosce già la malattia prima della diagnosi: 10 anni fa appena il 30% ne aveva sentito parlare. Meno di 3 pazienti su 10, però, scelgono di curarsi in un centro specializzato per questa neoplasia, ignorando quanto tale decisione possa fare la differenza nel percorso di cura. E’ quanto emerso oggi in occasione dell’incontro “Tumore ovarico in Veneto: cambiamo rotta”, confronto tra clinici, istituzioni e pazienti sull’importanza della personalizzazione della cura del tumore ovarico e dei test genetici per la prevenzione dei tumori eredo-familiari, che si è tenuto al Parco dei Moreri a Silea (Treviso) promosso da Acto Alleanza contro il tumore ovarico Ets. Presenti, tra gli altri, Sonia Brescacin, consigliere Regione Veneto e presidente V Commissione Politiche socio-sanitarie, Nicoletta Cerana, presidente di Acto nazionale, Petra De Zanet, presidente di Acto Triveneto e gli oncologi Grazia Artioli (ospedale Ca’ Fancello Treviso), Michele Bartoletti (CRO Aviano), Veronica Parolin (Aoui Verona) e Giulia Tasca (IOV Irccs Padova).
Gli esperti hanno poi ribadito che il 70% delle pazienti scopre il tumore quando è già in fase avanzata, a causa di sintomi aspecifici e per la mancanza di strumenti di screening efficaci, come conferma l’indagine condotta da Acto Italia su oltre 100 pazienti sul territorio nazionale, riportati in ‘Cambiamo rotta’, il primo Libro bianco illustrato di voci, bisogni e proposte delle donne con tumore ovarico, con la prefazione del ministro della Salute Orazio Schillaci.
Da qui l’importanza della prevenzione e dei test genetici. Non solo. Per un vero “cambio di rotta” nel tumore ovarico – è stato sottolineato – è necessario aumentare l’informazione sulla malattia e sui centri specializzati per promuovere scelte di cura più consapevoli; sostenere la ricerca per la diagnosi precoce; aprire ai test genomici per rendere possibili le cure personalizzate; informare sulla terapia di mantenimento dei parp inibitori; cominciare a parlare di sessualità e oncologia, un bisogno quest’ultimo spesso dimenticato che sta emergendo sempre più forte da parte delle pazienti. Si vive di più anche con il tumore ovarico, di conseguenza è diventato necessario prendersi cura della persona, oltre che curare la malattia.
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