Cancro seno, il giuslavorista: “Rientro al lavoro tutelato da diritti specifici”
Roma, 20 set. (Adnkronos Salute) – “Un paziente con tumore metastatico può rientrare al lavoro e gode di un pacchetto di diritti che sono ispirati all’esigenza di tutelare le condizioni di salute, consentire la partecipazione alla vita lavorativa e l’esercizio della propria professionalità”. Così Domenico Tambasco, avvocato giuslavorista, spiega all’Adnkronos i diritti delle persone che possono tornare al lavoro grazie alle nuove terapie oncologiche che portano, se non a guarire completamente, alla cronicizzazione di una malattia come il cancro al seno metastatico. (Video)
“I diritti sono diversi – continua Tambasco – ma quello più importante è il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da full a part time. Questo è previsto nel caso in cui la patologia cronica sia una patologia degenerativa, cioè caratterizzata da un peggioramento progressivo e graduale, e soprattutto sia accertata la patologia e l’invalidità dalla commissione medica presso l’azienda sanitaria territorialmente competente. Al verificarsi di questi due requisiti, sorge quello che non è una facoltà del paziente o del malato, ma – precisa – un vero e proprio diritto a richiedere al datore di lavoro la trasformazione del rapporto di lavoro. E’ poi facoltà del datore di lavoro decidere in merito alla quantificazione della riduzione oraria”. Un secondo diritto, “anch’esso molto importante laddove le condizioni di salute siano quelle previste dalla legge 104 del 1992 – illustra l’avvocato – è rappresentato dalla concessione di permessi lavorativi, in particolare 3 giorni al mese che possono essere frazionabili in ore, e di 2 ore al giorno, che diventano una se l’orario è inferiore a 6 ore. Inoltre, nel caso di riconoscimento dell’invalidità civile, con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%, è poi possibile beneficiare, anche in maniera non continuativa, di un congedo per un periodo non superiore a 30 giorni, nel corso dell’anno. Sono importanti anche i diritti, sempre previsti dalla legge 104”, all’assegnazione “della sede di lavoro più vicina al luogo di residenza, così come il divieto di trasferimento e il divieto” di svolgere “lavoro notturno”.
E’ molto importante anche “il riconoscimento che la legislazione italiana prevede per i caregiver, cioè coloro che si prendono cura dei pazienti oncologici – precisa Tambasco – che hanno diritto a un congedo straordinario retribuito di 2 anni se sono coniugi, figli, genitori o affini. Infine, ai pazienti è riconosciuta la facoltà di richiedere lo svolgimento del lavoro secondo le modalità di lavoro agile (smart working). Il datore di lavoro ha quindi il dovere, ai sensi articolo 2087 del testo unico della sicurezza, di tutelare l’integrità psicofisica del paziente assegnando le modalità lavorative più idonee, rispetto alle sue condizioni, anche attraverso ragionevoli accomodamenti, come prevede in modo specifico la legislazione antidiscriminatoria. A tal fine potrebbe essere determinante la valutazione del medico competente”.
Anche la valutazione e la tutela rispetto ai fattori stressogeni è centrale, come indicato di recente non soltanto dalla legislazione, ma anche dalla giurisprudenza. “Recenti sentenze della Corte di cassazione, anche di qualche mese fa – chiarisce il giuslavorista – hanno individuato l’obbligo non solo alla prevenzione, ma anche al contrasto dei fattori stressogeni. In particolare, la legge italiana (art. 28 comma I del Testo unico sulla sicurezza) prevede l’obbligo, per il datore di lavoro, di fare un’attenta valutazione dei possibili rischi da stress che possono derivare al lavoratore e il dovere della rimozione dei fattori stressogeni. E’ un dovere centrale a carico del datore di lavoro che può essere anche sanzionato con il risarcimento del danno”.
A tutela poi di eventuali ritorsioni e rappresaglie nei confronti dei lavoratori o delle lavoratrici che siano affetti da gravi malattie, “la legislazione italiana prevede delle tutele incisive – osserva Tambasco – Sempre la legislazione antidiscriminatoria, in particolar modo il Dlgs 216 del 2003, prevede addirittura la nullità assoluta e la rimozione dei provvedimenti, degli atti e dei comportamenti ritorsivi e discriminatori nei confronti di questi soggetti, fino ad arrivare al risarcimento del danno con funzione dissuasiva. Del resto il datore di lavoro ha il dovere di porre in essere” tutto quello che è necessario a livello organizzativo per lo svolgimento del lavoro “in base alle nuove capacità del lavoratore e quindi anche la tutela rispetto a possibili ritorsioni o rappresaglie. Questa tutela deriva dalla normativa europea che è stata poi attuata dalla legislazione italiana”.
In questo contesto “sono fondamentali anche misure, a livello regionale, come i bandi per il recupero o l’acquisizione di nuove competenze lavorative, per cambiare le mansioni, e il finanziamento di percorsi di counseling. Il piano di contrasto e di lotta al cancro, ivi compreso ovviamente la forma metastatica – rimarca Tambasco – è una raccomandazione della Commissione europea del 2001 che spinge gli stati membri ad attuare le misure necessarie a consentire la massima integrazione dei pazienti e dei malati oncologici nell’ambito del rapporto di lavoro. Le prassi virtuose sono quindi diffuse nell’Ue grazie soprattutto a un tipo di normativa che cerca di parificare, uniformare, tutti i Paesi – conclude il giuslavorista – nell’ottica unitaria di un contrasto a questo tipo di fenomeno”. Approfondimenti sul tema sono disponibili nel sito ‘E’ tempo di Vita’.
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