Consumo carne rossa e rischi per cuore, in Usa conflitti d’interesse li smorzano

Roma, 27 mag. (Adnkronos Salute) – La carne rossa fa male al cuore? “Potrebbe dipendere da chi ha finanziato lo studio”. Lo ha rilevato una nuova analisi che in Usa ha messo in luce come alcuni studi sugli effetti del consumo di carne rossa hanno collegamenti con l’industria e avevano “maggiori probabilità di riportare risultati favorevoli” rispetto a quelli non finanziati dal settore. La revisione è stata pubblicata sull”American Journal of Clinical Nutrition’. “E’ l’ennesimo esempio di come gli studi legati all’industria alimentare possano influenzare il modo in cui le persone comprendono, e potenzialmente fraintendono, le conseguenze sulla salute di ciò che mangiano”, commenta un editoriale ‘New York Times’ che riporta il lavoro. Secondo la nuova analisi gli studi finanziati dall’industria della carne rossa “avevano quasi una probabilità 4 volte più alta di riportare risultati cardiovascolari favorevoli o neutri dopo il consumo di carne rossa non lavorata rispetto agli studi senza tali correlazioni”. Domani si celebra l’Hamburger Day, la giornata internazionale dedicata a uno dei piatti iconici americani ma diventato ormai un classico anche in Italia.
“Precedenti ricerche finanziate dall’industria dello zucchero, ad esempio, hanno minimizzato la relazione tra zucchero e condizioni di salute come obesità e malattie cardiache. E studi finanziati dall’industria dell’alcol hanno suggerito che un consumo moderato di bevande alcoliche potrebbe essere parte di una dieta sana”, ricorda il ‘New York Times’. Ma cosa hanno analizzato gli scienziati in questa nuova revisione? Miguel López Moreno, ricercatore dell’Università Francisco de Vitoria in Spagna, ha guidato la nuova analisi, “Volevamo vedere se problemi simili si verificassero con la ricerca scientifica sulla carne rossa non lavorata. Le carni lavorate come pancetta e salsiccia sono state costantemente collegate al rischio di malattie cardiache, ha affermato, ma le prove per le carni rosse non lavorate – come bistecche e costolette di maiale – hanno portato a risultati contrastanti”, ha spiegato.
La scienza alimentare ha ampiamente sottolineato che il consumo di grassi saturi, abbondanti nella carne rossa, è associato a rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. La nuova revisione ha analizzato 44 studi clinici pubblicati tra il 1980 e il 2023, i lavori hanno esaminato in che modo il consumo di carne rossa non lavorata possa influenzare il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari nei partecipanti, anche misurando i livelli di colesterolo, pressione sanguigna e trigliceridi. I 44 studi, metà dei quali condotti negli Stati Uniti, hanno coinvolto adulti che hanno consumato carne rossa non lavorata o una dieta di confronto per diverse settimane o mesi. Alcuni studi hanno coinvolto adulti sani, mentre altri si sono concentrati su soggetti con fattori di rischio per malattie cardiovascolari, come il colesterolo alto o l’obesità. Dei 44 studi analizzati dagli scienziati, 29 hanno ricevuto finanziamenti da gruppi industriali legati al settore della carne rossa, come la National Cattlemen’s Beef Association e il National Pork Board. I restanti 15 studi sono stati finanziati da sovvenzioni governative, istituzioni accademiche o fondazioni no-profit, senza alcun legame con l’industria.
Il team guidato da Moreno ha svelato che gli studi finanziati dall’industria della carne rossa “avevano quasi quattro volte più probabilità di riportare risultati cardiovascolari favorevoli o neutri dopo il consumo di carne rossa non trasformata rispetto agli studi senza tali correlazioni”. Tutti gli studi finanziati in modo indipendente hanno riportato “esiti cardiovascolari peggiorati o neutri, mentre quelli finanziati dall’industria hanno riportato esiti favorevoli o neutri”.
La nuova revisione fotografa “un quadro confuso per i consumatori” quando una persona “legge una serie di studi che analizzano un argomento ma i risultati sono diversi, può essere difficile capire a cosa credere”, ha affermato Deirdre Tobias, professoressa associata di Medicina dell’Harvard Medical School. “Questi risultati divergenti potrebbero essere derivati dal modo in cui gli studi sono stati impostati in origine”, ha commentato sempre Tobias in un editoriale per l’American Journal of Clinical Nutrition che accompagnava il nuovo studio.
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