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Covid: allarme esperti, ‘pandemia ha rallentato trattamento malattie croniche’

1 Aprile 2022

Roma, 1 apr. (Adnkronos Salute) – L’innovazione terapeutica ha permesso di cronicizzare, migliorare la sopravvivenza e, in alcuni casi, di ottenere la guarigione in molte malattie, dai tumori alle patologie cardiovascolari, che fino a poco tempo fa erano prive di opportunità di cura. Ma i trattamenti delle malattie croniche più gravi stanno subendo un grave rallentamento per i ritardi nelle cure causati dal Covid-19. E lo stop più consistente si è registrato nei più anziani: nel 2020, rispetto al periodo pre pandemia (2019), il consumo di farmaci oncologici è diminuito del 7,2% negli 80-84enni e del 18% negli over 85. Ancora più rilevante il calo delle terapie per il sistema cardiovascolare (-10,9% negli 80-84enni, -21,2% negli over 85).

E’ l’allarme lanciato nel corso del convegno in corso al Senato, organizzato da Foce e da Fondazione ‘Insieme contro il cancro’ sul sistema sanitario in Italia nell’era post pandemica e sul ruolo dell’innovazione per ripartire. Il convegno è realizzato con il supporto incondizionato di BeiGene. “Covid-19 ha tenuto lontano per troppo tempo i cittadini, soprattutto anziani, dagli ospedali per timore del contagio, ma ora è concreto il rischio di annullare i progressi ottenuti in questi anni”, sottolinea Francesco Cognetti, presidente di Foce (Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi) e di Insieme contro il cancro.

“La ricerca clinica è motore di sviluppo economico e sociale – prosegue – con un contributo importante al recupero dell’attuale crisi sanitaria ed economica grazie alle potenzialità di partnership tra settore pubblico e privato. Ecco perché è necessario investire più risorse nell’innovazione, che è un cardine del ‘sistema Paese’, soprattutto oggi alla luce delle conseguenze del Covid-19”. Eppure “il Pnrr prevede di riservare solo l’8,3% dei fondi alla sanità (18,6 miliardi su 222): 8,6 miliardi per l’aggiornamento tecnologico degli ospedali e la ricerca scientifica, 7 per il potenziamento dell’assistenza sanitaria territoriale, uno per la telemedicina, uno per la sostituzione delle apparecchiature sanitarie, uno per la costituzione degli ospedali di comunità. Non basta”.

Per l’oncologo “l’innovazione deve includere anche gli ospedali, finora non considerati dal Pnrr. La vita media di moltissime strutture ha superato ogni limite plausibile. La modernizzazione ospedaliera richiede nuove tecnologie e apparecchiature, oltre ai sistemi di telemedicina già previsti dal finanziamento del Pnrr, che riguardino non solo gli Ircss, ma l’intera rete dei grandi ospedali”.

“In soli 6 anni (2015-2021), in Italia si è osservato un calo complessivo della mortalità per cancro del 10% negli uomini e dell’8% nelle donne, grazie alle nuove terapie e ai programmi di screening – ricorda Saverio Cinieri, presidente Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) – Anche le persone vive a un quinquennio dalla diagnosi sono aumentate, oggi sono il 65% nelle donne e il 59% negli uomini. Negli anni Novanta questi valori erano pari, rispettivamente, al 55% e al 39%. Le patologie oncoematologiche spesso hanno fatto da apripista a terapie innovative, che sono state poi applicate anche in altri ambiti: oggi il 70% dei pazienti colpiti da tumori del sangue è vivo a 10 anni dalla diagnosi o può essere considerato guarito”.

Poi, però, è arrivato il Covid. Da inizio pandemia (marzo 2020) a gennaio 2022, in Italia l’eccesso di mortalità totale, rispetto alla media 2015-2019, è stato di 178mila decessi, con gran parte del sovrannumero del 2021 osservato nel primo quadrimestre, quando la copertura vaccinale era ancora molto bassa (Istat-Iss). “Due terzi dei pazienti con mortalità da Covid hanno anche concomitanti malattie oncologiche, cardiologiche o ematologiche – rimarca Cognetti – L’emergenza causata dalla pandemia ha mostrato tutti i limiti del nostro sistema sanitario. E i dati sulla mortalità lo confermano. Nel 2020 il totale dei decessi per il complesso delle cause è stato il più alto mai registrato nel nostro Paese dal secondo dopoguerra: sono stati 746.146, 100.526 in più rispetto alla media 2015-2019. Dati allarmanti da ricondurre anche al progressivo rallentamento nell’assistenza ospedaliera causato dalla pandemia”.

Nel 2021 il totale delle morti è risultato in calo rispetto al 2020, anche se è rimasto su livelli molto alti: sono state 709.035, 37mila in meno rispetto al 2020 (-5%), ma 63mila in più rispetto alla media 2015-2019. “I ritardi accumulati nel 2020 sono stati solo in parte recuperati nel 2021, per questo si stanno annullando gli ottimi risultati ottenuti nella gestione delle malattie croniche, con conseguenze molto gravi, che già registriamo in patologie tempo dipendenti come quelle cardiovascolari – evidenzia Francesco Romeo, segretario Foce e presidente della Fondazione italiana cuore e circolazione Onlus – In un quarantennio (1980-2017) la mortalità per malattie ischemiche del cuore si è ridotta di quasi il 70%, quella per patologie cerebrovascolari di oltre il 70% e il contributo dei nuovi trattamenti è stato quello che più ha influito su questa tendenza. L’innovazione è la chiave di volta per ritornare ai livelli pre pandemia, ma servono interventi urgenti – chiosa – anche rivolti agli ospedali”.

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