Covid ha ridotto di 1,6 anni l’aspettativa di vita globale, lo studio
Milano, 12 mar. (Adnkronos Salute) – Dal 2019 al 2021 Covid ha ridotto di 1,6 anni l’aspettativa di vita globale, con “una brusca inversione di tendenza” rispetto agli aumenti registrati negli anni precedenti. Uno studio pubblicato su ‘The Lancet’ indica che “per gli adulti di tutto il mondo la pandemia di Covid-19 ha avuto un impatto più profondo di qualunque altro evento osservato in mezzo secolo, comprese guerre e disastri naturali”, afferma il co-primo autore del lavoro Austin E. Schumacher, dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (Ihme) dell’università di Washington negli Usa. “Durante la pandemia – sottolinea – l’aspettativa di vita è diminuita nell’84% dei Paesi e territori, dimostrando il potenziale effetto devastante dei nuovi agenti patogeni”.
Mentre “tra i bambini minori di 5 anni i tassi di mortalità sono scesi del 7% dal 2019 al 2021, con mezzo milione di decessi in meno” nel periodo considerato, “nelle fasce d’età sopra i 15 anni la mortalità è aumentata del 22% per i maschi e del 17% fra le donne”, calcolano i ricercatori dell’Ihme. In particolare, “tra gli anziani la mortalità è cresciuta in un modo mai visto negli ultimi 70 anni”.
Tuttavia, “benché la pandemia sia stata devastante, uccidendo circa 16 milioni di persone in tutto il mondo tra il 2020 e il 2021 – precisano gli scienziati – non ha cancellato completamente i progressi fatti”, considerando che “l’aspettativa di vita alla nascita è aumentata di quasi 23 anni tra il 1950 e il 2021”.
L’analisi è un aggiornamento al 2021 del programma di ricerca Global Burden of Disease Study (Gbd) e il quadro che dipinge è considerato “il bilancio più completo” dell’impatto che lo ‘tsunami Covid’ ha avuto finora sulla salute umana. Nello stimare le morti in eccesso associate alla pandemia, gli autori hanno considerato sia i decessi causati da Sars-CoV-2 sia quelli legati agli effetti indiretti dell’emergenza, come le cure mancate per la paralisi dei servizi sanitari.
Città del Messico, Perù e Bolivia sono tra le aree del pianeta in cui si è registrato un calo maggiore dell’aspettativa di vita dal 2019 al 2021, segnalano i ricercatori dell’Ihme. E ancora: Paesi come la Giordania e il Nicaragua, rimarcano, hanno riportato causa pandemia un elevato eccesso di mortalità in tutte le fasce d’età, che nelle analisi precedenti non veniva evidenziato. A livello sub nazionale, le province sudafricane di KwaZulu-Natal e Limpopo hanno registrato tassi di mortalità in eccesso adeguati all’età tra i più alti e il maggior calo dell’aspettativa di vita in pandemia. All’opposto, Barbados, Nuova Zelanda e Antigua e Barbuda vengono indicate come alcune delle zone con eccessi di mortalità più bassi.
“Il nostro studio – commenta Hmwe Hmwe Kyu dell’Ihme, co-primo autore dell’articolo – suggerisce che, nonostante la terribile perdita di vite umane che il mondo ha subito a causa della pandemia, in 72 anni dal 1950 abbiamo compiuto progressi incredibili, con la mortalità infantile che continua a diminuire a livello globale”, pur con forti differenze regionali: nel 2021 un quarto della mortalità infantile si concentrava nell’Asia meridionale, due quarti nell’Africa sub-sahariana. “Ora – aggiunge la scienziata – consolidare i successi messi a segno, preparandoci alla prossima pandemia e affrontando le grandi disparità sanitarie tra i Paesi, dovrebbero essere i nostri obiettivi prioritari”.
Dal Gbd 2021 emerge anche che, a partire dal 2017, il tasso di crescita della popolazione globale ha iniziato a diminuire dopo anni di stagnazione e il calo ha subito un’accelerazione durante la pandemia di Covid-19. Cinquantasei Paesi hanno raggiunto il picco di popolazione nel 2021 e ora riportano una riduzione, mentre in molte nazioni a basso reddito la crescita è continuata. L’analisi certifica infine che a livello globale la popolazione invecchia: tra il 2000 e il 2021, il numero di over 65 è aumentato più rapidamente di quello degli under 15 in 188 Paesi e territori.
“Il rallentamento della crescita e l’invecchiamento della popolazione, insieme allo spostamento della crescita demografica futura verso i luoghi più poveri del pianeta e con esiti sanitari peggiori, comporterà sfide sociali, economiche e politiche senza precedenti”, avverte Schumacher, prospettando “la carenza di manodopera in aree in cui le popolazioni più giovani stanno diminuendo e una crescente scarsità di risorse in zone in cui la popolazione continua a espandersi rapidamente. Vala pena ribadirlo – ammonisce il ricercatore – perché questi problemi richiederanno una significativa pianificazione politica nelle regioni interessate. Le nazioni di tutto il mondo, per esempio, dovranno cooperare sull’emigrazione volontaria, tenendo come guida utile il Global Compact delle Nazioni Unite per una migrazione sicura, ordinata e regolare”.
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