Covid: infezione accelera invecchiamento, studio svela come
Roma, 30 lug. (Adnkronos Salute) – Il Covid accelera l’invecchiamento biologico, una conseguenza a lungo termine dell’infezione anche in forma poco o per nulla sintomatica, favorita dall’infiammazione e dallo stress ossidativo. E il fenomeno riguarda soprattutto gli uomini. Questa la conclusione di uno studio del team interdisciplinare Medicina del lavoro dell’azienda Ospedale – Università di Padova, pubblicato sul “Journal of Molecular Sciences”.
La ricerca, guidata dalla professoressa Sofia Pavanello del Dipartimento di Scienze cardio-toraco-vascolari e Sanità pubblica dell’Università di Padova, è stata effettuata su 76 operatori sanitari dell’azienda ospedaliera contagiati nella prima ondata e poco o per nulla sintomatici. Per ognuno sono stati raccolti dati su demografia, stile di vita, storia medica ed esposizione ambientale e occupazionale, e tutti sono stati sottoposti a un esame clinico con test di funzionalità respiratoria e valutazione cardiaca, a valutazione della loro capacità lavorativa e test di biochimica di base, profili immunologici, biomarcatori di infiammazione e analisi dell’invecchiamento biologico.
“Poiché il campione analizzato è statisticamente rappresentativo dell’intera popolazione che ha contratto il Covid-19 con sintomi lievi o assenti, i risultati offrono importanti indicazioni per la salute pubblica, suggerendo strategie di gestione personalizzate e interventi di supporto per le persone più suscettibili alle conseguenze a lungo termine del virus”, sottolinea Pavanello. L’équipe ha analizzato i parametri ematochimici tra cui indicatori di infiammazione, come interleuchina 6 e proteina C-reattiva, per verificare se lo stato infiammatorio persistesse dopo un anno dall’infezione. Sono stati esaminati i livelli di un marker molecolare di invecchiamento, la DnamAge.
“Abbiamo riscontrato che l’aumento della DnamAge, oltre a essere associato alla durata dell’infezione – spiega Pavanello – era in relazione a un declino della funzionalità polmonare, della variabilità della frequenza cardiaca e una bassa frequenza cardiaca media. Un aumento della DnamAge indica un invecchiamento biologico accelerato, aggravato da fattori come l’infezione da Sars-CoV-2. Il campione preso in esame mostra un aumento della DnamAge con una riduzione della capacità respiratoria e della frequenza cardiaca media un anno dopo il contagio rispetto alla fase post-acuta, evidenziando l’impatto delle infezioni sull’invecchiamento biologico. La prima evidenza emersa dallo studio è che il monitoraggio della capacità respiratoria, della frequenza cardiaca e la Hrv, e il mantenimento degli stessi attraverso interventi mirati, potrebbero mitigare l’accelerazione dell’invecchiamento”.
Non solo. “Dai test clinici e dai campioni biologici emerge che un numero alto del campione (il 30%) ha sperimentato sintomi persistenti come difficoltà respiratoria (dispnea) e problemi cognitivi (problemi di concentrazione, memoria e ansia) fino a un anno dopo l’infezione”, prosegue.
Infatti “a un anno dal contagio si è riscontrato un invecchiamento biologico accelerato nelle cellule dell’espettorato rispetto ai leucociti del sangue e alle cellule nasali. Questa evidenza suggerisce un tessuto polmonare particolarmente vulnerabile anche in soggetti contagiati con poca o nulla sintomatologia da Covid-19. In termini di significatività – conclude Pavanello – la ricerca indica che questo invecchiamento biologico si associa maggiormente al genere maschile, confermando le statistiche sulla longevità maggiore del genere femminile e suggerendo anche strategie di prevenzione specifiche per genere; alla presenza di malattie croniche quali disturbi muscoloscheletrici, ernia del disco spinale, malattie gastrointestinali, malattie endocrine, diabete, malattie respiratorie e tumori. Altro dato importante è che, a parità di contagio e sintomi, chi presenta glicemia alta e alti livelli di Ldl (colesterolo cattivo) ha un maggior rischio di invecchiare più velocemente”.
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