Covid, proteina ‘chiave’ infezione trovata negli spermatozoi, studio italiano
Roma, 5 apr. (Adnkronos Salute) – Identificata per la prima volta da un team di ricercatori dell’Università di Teramo e dell’Università dell’Aquila la presenza della proteina Angiotensin-converting enzyme 2 (Ace2) in spermatozoi umani. Si tratta di una proteina conosciuta da anni e coinvolta in importantissime funzioni biologiche quali la regolazione della vasocostrizione delle arterie e che si trova sulle cellule dell’epitelio polmonare dove protegge il polmone dai danni causati da infezioni, infiammazioni e stress. Recentemente è stata portata alla ribalta dalla dimostrazione del suo coinvolgimento nella patogenesi dell’infezione da Sars-CoV-2, perché si tratta del recettore che permette al virus di legarsi ed entrare nella cellula ospite. Lo studio è stato pubblicato sull”International Journal of Molecular Science’.
Il team di ricercatori della Facoltà di Bioscienze e Tecnologie agro-alimentari ed ambientali dell’Università di Teramo, insieme ai colleghi dell’Unità di Andrologia del Dipartimento di Medicina clinica, Sanità pubblica, Scienze della vita e dell’ambiente dell’Università dell’Aquila, nell’articolo descrivono la presenza della proteina negli spermatozoi di 40 volontari sani, di età compresa tra 24 e 36 anni, che non sono mai stati affetti da Covid-19.
Si tratta di un risultato “estremamente importante – si legge in una nota dell’ateneo teramano – perché lo studio ha permesso di identificare due forme della proteina, quella classica e una isoforma a più basso peso molecolare. Quest’ultima, scoperta solo di recente, è espressa negli epiteli respiratori nasali e bronchiali umani e la sua espressione aumenta in risposta al trattamento con interferone (Ifn) o dopo infezione da rinovirus, ma non a seguito di contatto con Sars-CoV-2. Lo studio, dunque, da una parte ha consentito di porre all’attenzione degli scienziati una nuova macchina molecolare, potenzialmente coinvolta nei processi che portano i gameti maschili ad acquisire la loro capacità fecondante, dall’altra dischiude nuovi orizzonti nella comprensione delle interazioni tra Sars-CoV-2 e fertilità”.
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