Covid, Remuzzi: ‘Quarta dose? Sì e no, ecco perché’
Milano, 6 apr. (Adnkronos Salute) – La quarta dose di vaccino anti-Covid non va fatta. Invece sì, bisogna lanciare una nuova campagna di richiami. Sono le posizioni su cui si sta polarizzando il dibattito sul secondo booster, mentre è imminente l’arrivo di un parere da parte della autorità europee Ema ed Ecdc. Chi ha ragione? “In realtà entrambi”, risponde all’Adnkronos Salute Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs. “Gli studi realizzati finora sulla quarta dose sembrano suggerire che ha un senso vaccinare le persone anziane, o comunque over 60, in particolare se hanno malattie associate, perché sono esposti alla malattia più grave e un ulteriore richiamo può aumentare la protezione – spiega – Ma ha ragione anche chi dice che la quarta dose non va fatta perché effettivamente i giovani, che sono meno a rischio di sviluppare malattia grave, ne trarrebbero un beneficio modesto, se è vero che l’effetto protettivo contro il contagio dura poco”.
Quindi “dipende da che punto di vista si guarda la cosa”, sorride Remuzzi, che per esprimersi ha preso in considerazione i dati scientifici disponibili ad oggi sulla quarta dose, compreso l’ultimo studio appena pubblicato sul ‘The New England Journal of Medicine’. “Il nuovo lavoro – sottolinea – è stato condotto in Israele su over 60 che hanno fatto la quarta dose quando nel Paese la variante dominante era Omicron. Sono stati considerati 1,2 milioni di persone, è stato messo a confronto il gruppo che ha ricevuto la quarta dose con uno che invece aveva solo 3 dosi. E si è osservato che l’efficacia della quarta dose contro l’infezione si riduce dopo 4 settimane e scompare dopo 8. La protezione contro la malattia severa invece c’è e potrebbe continuare – perché è in linea con altre evidenze raccolte sul vaccino – ma il periodo di studio in questo lavoro è stato breve e non consente di sapere quanto a lungo durerà la protezione contro malattia severa”.
In definitiva, tira le somme Remuzzi, “l’effetto del vaccino declina velocemente contro l’infezione, ma questo avviene più rapidamente di quanto non avvenga con l’effetto sulla malattia severa, contro la quale si è più protetti”. A queste evidenze si sommano quelle emerse da altri studi: “Un primo lavoro, condotto su operatori sanitari quindi giovani – evidenzia – fa vedere che, quando declina l’effetto della terza dose (quindi dopo 4-6 mesi), la quarta è capace di riportare ai livelli precedenti di anticorpi. Un secondo studio fa vedere che le persone over 60 con malattie associate, quando fanno la quarta dose hanno una riduzione della probabilità di malattia severa e morte dell’80%. Mettendole insieme, tutte queste informazioni sono molto importanti per farsi un’idea su cosa fare”.
Un altro auspicio espresso da Remuzzi è che “per l’autunno si possa avere anche un vaccino disegnato sulle varianti nuove, per quanto i vaccini disegnati sul virus di Wuhan si sono rilevati formidabili anche contro Omicron, anche se è chiaro che perlomeno gli anticorpi tendono a scendere. Se poi dovessimo avere nel prossimo futuro un vaccino che è capace di generare anticorpi neutralizzanti contro le varianti nuove che verranno, sarebbe ancora più utile”.
“E’ interessante” secondo lo scienziato “quello a cui stanno lavorando ricercatori” di due atenei Usa con il Brigham and Women’s Hospital di Boston, cioè “un vaccino contro tutti i coronavirus, questo e quelli che verranno. Nelle scimmie mostra un’efficacia pari al 100%. Ma oggi il messaggio più importante resta di proteggere gli anziani e abbiamo una quota che non ha fatto la terza dose. Questo è molto pericoloso, sia per la velocità di diffusione del virus che è difficile da contenere, che per i pericoli che le persone più fragili corrono”. Quanto alla quarta dose, “si vedrà cosa diranno le autorità. Quando farla? Sarebbe più logico riservarla al momento in cui possa consentire una protezione nel periodo più delicato. Vedremo. Intanto rinnovo l’appello a completare le terze dosi”, conclude.
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