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Covid: se lo scienziato ci mette la faccia i sì al vaccino crescono, studio

4 Agosto 2022

Milano, 4 ago. (Adnkronos Salute) – In tempi di pandemia e ‘infodemia’, di fake news e scontri social fra no-vax e pro-vax, se lo scienziato ci mette la faccia, i sì al vaccino aumentano. Il fatto che i medici e i ricercatori si espongano pubblicamente può davvero convincere le persone a fare l’iniezione scudo, contrastando la disinformazione. Le prove in uno studio del Centro di ricerca di epistemologia sperimentale e applicata (Cresa) – Dipartimento di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, diretto da Matteo Motterlini.

Gli autori hanno dimostrato che l’endorsement da parte degli esperti ha un impatto positivo sia sulle intenzioni di vaccinazione sia sulle convinzioni circa l’efficacia del vaccino anti-Covid. La stessa ricerca rileva anche quanto un’esposizione ripetuta a messaggi che contrastano la disinformazione sia particolarmente efficace nell’orientare i giudizi delle persone in senso corretto. Lo sforzo di vaccinare la popolazione mondiale contro Sars-CoV-2 affronta diverse sfide, tra cui l’esitazione a vaccinarsi, un fenomeno complesso che colpisce una parte significativa della popolazione mondiale e che necessita di uno sforzo altrettanto complesso per essere contrastato.

Secondo l’indice di fiducia globale pubblicato annualmente dall’istituto Ipsos Mori (2021), i medici e i ricercatori sono le categorie all’interno della nostra società che godono della maggiore fiducia e lo studio del Cresa ha provato a capire se siano anche le figure più adatte a convincere le persone a vaccinarsi. Per rispondere, i ricercatori hanno condotto un esperimento pre-registrato, testando se la spinta degli esperti aumenti o meno l’efficacia dei messaggi di ‘debunking’ (finalizzati cioè a smontare affermazioni false) sui vaccini per il Covid. Il monitoraggio ha riguardato un campione di 2.277 persone – tutte residenti in Italia – attraverso uno studio condotto durante le fasi salienti della campagna di vaccinazione.

L’esperimento è stato organizzato in 7 raccolte dati consecutive, dove i partecipanti ricevevano nuove informazioni a distanza di 10 giorni. I partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi, un gruppo sperimentale (1.153 persone) e un gruppo di controllo (1.124 persone). I ricercatori hanno fornito le stesse informazioni a entrambi, manipolandone però la fonte a seconda del gruppo. Ai partecipanti del gruppo sperimentale veniva rivelato che l’informazione fornita fosse sostenuta dalla maggioranza dei medici e dei ricercatori in ambito sanitario intervistati in precedenza, mentre ai partecipanti del gruppo di controllo veniva detto che l’informazione fosse sostenuta da una maggioranza generica di intervistati (cioè del tutto profani, come loro).

Secondo i risultati della survey, mentre non si è osservato un aumento nel comportamento di vaccinazione, si è scoperto che i partecipanti al gruppo sperimentale (quello che ha ricevuto i messaggi di debunking proposti dagli scienziati) hanno mostrato una maggiore intenzione di vaccinarsi, così come giudizi più positivi sulla protezione offerta dai vaccini. La valutazione finale, osservano i ricercatori, è evidente: gli scienziati e gli esperti di medicina non sono – nella percezione del pubblico – semplicemente una categoria ‘generalmente’ affidabile, ma anche messaggeri adatti a contrastare la disinformazione durante le campagne di vaccinazione anti-Covid.

Dalla ricerca emerge anche un altro dato: più messaggi di debunking hanno ricevuto i partecipanti, maggiore è stato l’aumento della loro intenzione di vaccinazione, nel gruppo sperimentale rispetto al gruppo di controllo. “Abbiamo sfruttato l’opportunità senza precedenti che la campagna di vaccinazione Covid offriva, per testare un intervento comportamentale volto a verificare l’importanza della fonte dell’informazione scientifica nell’aumentare l’adesione alla vaccinazione”, spiega Piero Ronzani, International Security and Development Center di Berlino e Cresa Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, primo autore dello studio.

“Abbiamo monitorato un campione significativo di popolazione quando la terza ondata epidemica si stava intensificando nel Paese e la campagna di vaccinazione stava iniziando. I nostri risultati possono essere spiegati come una combinazione di effetti diversi che convergono sullo stesso risultato”, prosegue Ronzani. “La fonte dell’informazione non costituisce semplicemente una caratteristica incidentale dell’informazione – precisa – ma è parte della rappresentazione mentale che le persone si formano dell’informazione stessa”.

La pandemia, riflette il coordinatore dello studio, Motterlini, che oltre a dirigere il Cresa è ordinario di Filosofia della scienza nell’ateneo milanese, “ha reso evidente l’enorme tributo che l’economia e la società hanno dovuto pagare alla disinformazione scientifica riguardo ai vaccini. E lo stesso vale oggi per un’altra pressante sfida globale: quella del cambiamento climatico. Questo nuovo studio mostra che contrastare la disinformazione sulla scienza è possibile, se sai come farlo. I nostri dati indicano che la comunicazione istituzionale dovrebbe, primo, mirare i propri sforzi nell’identificare le specifiche preoccupazioni dei cittadini; secondo, rispondervi tramite gli esperti. Medici e scienziati non sono solo una categoria genericamente percepita come degna di fiducia, sono anche i messaggeri più idonei a contrastare la disinformazione durante le campagne di vaccinazione”.

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