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Covid: studio Iss, 32% donne incinte non si è sentita supportata

11 Marzo 2022

Roma, 11 mar. (Adnkronos Salute)() – Il 32% delle donne che hanno vissuto la gravidanza durante il periodo pandemico non si è sentita supportata dalla propria rete sociale, percentuale che sale al 38% fra le mamme con un bimbo fino ai 6 mesi di età. E il 12%, quasi una donna su 8, ha riferito sintomi di distress psicologico durante la gravidanza, più spesso associati a difficoltà economiche, a un pregresso disturbo dell’umore o d’ansia e a uno scarso supporto sociale percepito da parte dei professionisti sanitari del percorso nascita. E’ quanto emerge dal primo e unico studio italiano, coordinato dall’Istituto superiore di sanità (Iss) – condotto durante la seconda ondata di Covid-19 fra ottobre 2020 e maggio 2021 – che ha rilevato lo stato emotivo in epoca perinatale coinvolgendo le utenti dei consultori familiari.

Lo studio ha coinvolto le utenti dei consultori di 9 aziende sanitarie in 8 regioni italiane (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Sardegna, Calabria), per un totale di 1.168 donne in gravidanza e 940 donne nei primi 6 mesi dopo il parto, che hanno risposto a un questionario online. “Poiché il disagio psicologico in gravidanza e nei primi mesi dopo il parto aumenta il rischio di esiti di salute negativi per la madre e il bambino – commenta Ilaria Lega dell’Iss e responsabile dello studio – questi dati evidenziano l’urgenza di fornire maggior supporto alle donne più vulnerabili che affrontano la gravidanza e i primi mesi dopo il parto nel contesto attuale, anche indipendentemente dall’esposizione diretta al Sars-CoV-2”.

“Sebbene un disagio psicologico clinicamente rilevante sia stato riscontrato in una minoranza delle partecipanti, i cambiamenti nell’assistenza alla maternità e il ridotto supporto sociale correlato all’epidemia di Covid – prosegue – sono motivo di preoccupazione nella grande maggioranza delle donne in gravidanza e delle neo-mamme che hanno espresso la necessità di un maggiore ascolto da parte degli operatori sanitari, un più diffuso supporto alla salute mentale e un più largo accesso a risorse di auto-aiuto”.

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