Dall’acqua potabile a frutta e verdura, i rischi invisibili del clorato

Roma, 28 gen. (Adnkronos Salute) – Il maxi richiamo in Belgio di lattine e bottiglie di Coca-Cola a causa dell’eccessivo contenuto di clorato, annunciato dal produttore e distributore Usa Coca-Coca, ripropone il tema di un’esposizione a lungo termine al clorato (un disinfettante) contenuto negli alimenti e nell’acqua potabile. L’Efsa, Autorità europea per la sicurezza alimentare, in passato si è occupata del tema evidenziando come “può essere motivo di preoccupazione per la salute dei bambini, in particolare di quelli con carenza lieve o moderata di iodio”, ma “è improbabile che l’assunzione totale in una sola giornata, anche ai più elevati livelli stimati, possa superare il livello di sicurezza raccomandato per i consumatori di tutte le età”.
Il clorato “presente negli alimenti può provenire dall’impiego di acqua clorata durante la trasformazione degli alimenti e la disinfezione dei macchinari a ciò destinati – spiega l’Efsa – I gruppi di alimenti maggiormente interessati sono la frutta e la verdura. In ciascun gruppo di alimenti, sono le varietà surgelate quelle che spesso presentano i tenori massimi di clorato. Ciò dipende probabilmente dalla quantità di clorato contenuto nell’acqua clorata utilizzata per la trasformazione degli alimenti. La fonte principale di clorato nella dieta è però l’acqua potabile, che probabilmente contribuisce fino al 60% dell’esposizione cronica al clorato per i neonati”. Per l’esposizione a lungo termine al clorato contenuto negli alimenti, l’agenzia ha stabilito una dose giornaliera tollerabile (Dgt) di 3 microgrammi per chilo di peso corporeo al giorno.
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