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Egpa, il reumatologo: “Una rivoluzione avere un anti-interleuchina 5”

24 Aprile 2024

Roma, 23 apr. (Adnkronos Salute) – “‘E’ un periodo storico molto fortunato sia per i pazienti con granulomatosi eosinofilica con poliangioite (Egpa) sia per noi medici, perché è in atto una vera e propria rivoluzione. Se fino a pochi anni fa i pazienti venivano trattati con dosi generose di cortisone associato a immunosopressori per le manifestazioni autoimmuni classiche, ma non riuscivano a controllare in maniera efficace, e comunque sicura, le manifestazioni eosinofiliche, quindi tutta la componente respiratoria tipica di questi pazienti, la vera rivoluzione è poter avere oggi un farmaco come mepolizumab, che blocca l’interleuchina 5 (IL-5)”. Lo ha detto Roberto Padoan, dirigente medico, reumatologo, responsabile del Centro vasculiti dell’Azienda-ospedale Università Padova, al termine di un Ecm dedicato all’Egpa, malattia eosinofilica nota anche come sindrome di Churg Strauss, una patologia rara che ogni anno, in Italia, conta tra 2,5 e 7 nuove diagnosi per milione di abitanti

“L’Egpa si caratterizza per la presenza di 2 componenti – spiega Padoan – Si riconosce infatti una via mediata dall’infiammazione di tipo 2 (Th2), dove il ruolo centrale è mediato dall’IL-5” con l’eccessiva attivazione di un tipo di globuli bianchi, “gli eosinofili, e le tipiche manifestazioni eosinofiliche costituite, ad esempio, dalla rinosinusite cronica con poliposi, dall’asma, ma anche da sintomi talvolta similallergici a livello cutaneo con ponfi e similorticaria. L’altra via, cosiddetta del tipo 1 (Th1), è invece mediata dalla vera autoimmunità con manifestazioni come la vasculite, che si localizza a livello delle pareti dei vasi sanguigni di piccolo e medio calibro, con sintomi diversi a seconda del distretto corporeo coinvolto. Talvolta queste due vie coesistono e risulta difficile scinderle”. In questo contesto, “l’interleuchina 5, oltre ad essere il driver principale della via di tipo 2, stimolando l’azione di linfociti B, contribuisce all’attivazione anche della via di tipo 1”.

La diagnosi è resa difficile dall’estrema eterogeneità della malattia che ha manifestazioni molto diverse sia tra i pazienti sia nello stesso paziente, a seconda delle fasi della malattia. “Storicamente, la malattia si considerava in 3 fasi – illustra il reumatologo – La prima, erroneamente definita allergica, simula un po’ le malattie allergiche con l’asma e la rinosinusite, anche in assenza di vera allergia. La seconda fase si caratterizza per l’aumento degli eosinofili circolanti. Nella terza subentra la vasculite con le manifestazioni più severe di malattia. Oggi sappiamo che, in alcuni pazienti, le 3 fasi possono presentarsi anche tutte insieme. I primi campanelli d’allarme, che solitamente interessano persone di 40-50 anni – precisa – sono i sintomi respiratori delle alte e basse vie e una asma non allergica di difficile controllo associata poi a un incremento degli eosinofili. Il vero campanello scatta poi quando, insieme a questi, compaiono dei sintomi più sistemici tipici della malattia autoimmune come i dolori articolari infiammatori, calo di peso, febbricola”.

L’arrivo in terapia dell’anti-interleuchina 5 è “una rivoluzione” perché, “spegnendo quello che è il driver principale dell’infiammazione di tipo 2, si riducono rapidamente le manifestazioni eosinofiliche e si riescono a controllare, in parte, anche quelli della via autoimmune (di tipo 1). Parlo di una rivoluzione – chiarisce lo specialista – perché mepolizumab è un farmaco sicuro, rispetto agli immunosopressori, perché è un immunomodulatore che non abbassa le difese dei pazienti, quindi non li espone a un maggior rischio infettivo. Questo l’abbiamo visto non solo nei dati del trial clinico registrativo, ma anche negli studi di real life. Inoltre, la sua sicurezza ci permette di utilizzarlo anche in combinazione con gli immunosopressori convenzionali, almeno nelle forme più severe di malattia o, addirittura, da solo, nelle forme non severe o moderate”. Si tratta di una terapia “estremamente modulabile su misura del paziente. Abbiamo quindi 2 vantaggi: il controllo dei sintomi respiratori, che sono molto impattanti sulla qualità di vita, e l’efficacia che ci permette di ridurre, fino a sospendere, in alcuni pazienti, il cortisone che sappiamo essere spesso associato a ulteriori effetti indesiderati che impattano sulla qualità di vita dei pazienti”.

I dati da studi real life sull’efficacia di mepolizumab, farmaco inserito nelle ultime raccomandazioni Eular, non hanno solo “confermato i risultati degli studi registrati, ma sono, forse, ancora più ottimistici – sottolinea il reumatologo – perché il farmaco si sta dimostrando efficace e sicuro in questi pazienti anche in diversi momenti della malattia. L’Egpa study group”, di cui fa parte Padoan, “riunisce specialisti tra i più esperti a livello internazionale e lavora su studi di ampio respiro creando coorti di pazienti per indagare, dalla real life, caratteristiche specifiche della malattia, come la presenza di altre patologie, e guidare le scelte terapeutiche e le future raccomandazioni”.

In questo lavoro “stiamo recentemente includendo anche l’associazione pazienti, Apacs (Associazione pazienti sindrome di Churg Strauss o Egpa) che sta imparando a collaborare anche con le varie altre organizzazioni pazienti europee. Al momento – osserva Padoan – non sappiamo, ad esempio, quanto sia efficace in un trattamento precoce. I dati dei trial registrativi infatti includevano pazienti con malattia di lunga durata. L’obiettivo per il futuro sarà quello di trattare sempre più precocemente pazienti proprio per ridurre l’accumulo del danno legato alla malattia. Dall’altra parte, non sappiamo quanto possiamo continuare con la terapia. Il trial evidenzia che, se la sospendiamo dopo 52 settimane, la malattia tende a ripresentarsi. Inevitabilmente, ad oggi, è quindi previsto un trattamento nel lungo termine, ma non sappiamo effettivamente per quanto continuare”, cosa che si potrebbe spiegare con i dati dalla vita reale.

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