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Epn, ematologa Iori: “Anemia principale sintomo insieme a stanchezza”

17 Dicembre 2024

Roma, 17 dic. (Adnkronos Salute) – “Il principale sintomo dell’Epn, emoglobinuria parossistica notturna, è l’anemia: il paziente si sente stanco e affaticato. Questa, il più delle volte, è la ragione che lo porta dal medico. Altre volte i sintomi sono particolari, quali eventi trombotici, e l’arrivo al pronto soccorso o dal proprio medico è più drammatico. Altre volte ci può essere un quadro di pancitopenia periferica. Tutte queste varietà di manifestazioni cliniche della malattia possono essere i sintomi che portano il paziente dal medico. Meno frequenti, invece, disfagia, disfunzione erettile e dolori addominali”. Così Anna Paola Iori, dirigente medico dipartimento Ematologia, Oncologia e Dermatologia Policlinico Umberto I di Roma, descrive i sintomi dell’Epn, nel contesto del media tutorial “Emoglobinuria Parossistica Notturna: verso un controllo migliore della malattia” organizzato a Milano da Novartis.

“Come in tutte le malattie, non sempre i farmaci risolvono tutte le problematiche – afferma Iori – Fino al 2000 non esistevano farmaci per ridurre i sintomi della malattia, che essendo cronica non può essere curata ma può essere trattata. Ora si possono controllare i suoi sintomi ma, nel momento in cui un farmaco non risponde in maniera completa al meccanismo patogenetico che ha definito la malattia, il paziente può continuare ad avere una condizione di emolisi, ovvero di rottura dei suoi globuli rossi, quindi la conseguente anemia e quello stato di stanchezza che caratterizza tutte le forme di anemia e quindi anche quella dell’Epn”.

Tutto ciò che rende stanchi “impatta sulla qualità di vita, perché la stanchezza riduce le performance di chiunque in termini lavorativi, di vita, di relazione, di vita familiare – conclude Iori – Per di più, il fatto che il paziente debba ricevere i trattamenti in ambiente ospedaliero implica che si viene a creare una dipendenza dall’ospedale. Quando un paziente ha invece la possibilità di essere autonomo nella somministrazione del farmaco si va a migliorare la sua qualità di vita. Ma si tratta di qualcosa che va sempre ponderato e valutato caso per caso”.

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