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Fumo, Bates: “Fallimento politiche Oms per ridurlo, serve cambio di strategia”

2 Ottobre 2025

Roma, 2 ott. (Adnkronos Salute) – La Convenzione quadro dell’Oms per la lotta al tabagismo (Fctc) è entrata in vigore 20 anni fa, a novembre si tornerà a discuterne con l’undicesima Conferenza delle parti (Cop11) e nel frattempo in Europa si aperta la fase di confronto sulla normativa Ue di settore. Intanto la tecnologia ha fatto passi da gigante e sul mercato sono arrivati nuovi prodotti che hanno avuto un forte impatto sul settore, ma anche nelle politiche di riduzione del danno da fumo. “Ogni Convenzione è pensata per affrontare un problema, il nostro è il fumo. Ancora oggi nel mondo è la causa di oltre 7 milioni di morti all’anno. Un bilancio delle vittime più o meno simile in termini di mortalità all’epidemia di Covid, un enorme problema di salute pubblica. Abbiamo una prevalenza del fumo in calo, ma abbiamo una popolazione che aumenta, il numero di adulti che fumano in tutto il mondo sta gradualmente aumentando”. Così Clive Bates, direttore Counterfactual (Uk) ed esperto di politiche sanitarie, nel suo intervento alla seconda giornata dell’ottavo ‘Summit Tobacco Harm Reduction’ di Atene promosso da Scohre, un’associazione indipendente che si batte per rinnovare le strategia di riduzione del danno da fumo.

“L’idea alla base della Fctc – osserva Bates – era di prendere gli insegnamenti che avevamo ricevuto in America e in Europa e di generalizzarli a tutto il mondo. Ora è importante capire che il fumo e la mortalità correlata non sono una questione che riguarda solo i giovani. Quindi smettere di fumare in qualsiasi momento vale davvero la pena”. Il ragionamento dell’esperto parte da un assioma: “Il fumo è il problema e dobbiamo ridurlo, diminuire la prevalenza e tagliare il numero totale dei fumatori. La domanda, però, è quali sono gli strumenti politici disponibili per farlo? Possiamo vietare la pubblicità, aumentare le tasse e creare un incentivo economico per chi smette. Possiamo ostacolare le aziende produttrici. Possiamo inserire avvisi e foto sui pacchetti che informano sui rischi. E possiamo regolamentare il prodotto, non sempre con successo, possiamo controllare le attività dell’industria del tabacco. Tutto questo è stato messo nella Convenzione quadro dell’Oms del 2003 che entrata in vigore nel 2005. Quasi tutti i Paesi l’hanno accettata, tranne gli Usa. La prossima riunione si terrà a novembre, ma solo 29 Ong hanno lo status di osservatori, mentre alla Convenzione sul clima erano oltre 3.000. Quindi si tratta di un incontro molto restrittivo e questi incontri coinvolgono Ong selezionate che condividono l’ideologia degli organizzatori”.

Quale dovrebbe essere l’obiettivo della Convenzione? “Proteggere le generazioni presenti e future. Non si tratta solo di giovani, si tratta di fare qualcosa per qui e ora – ammonisce Bates – ricordando le conseguenze sanitarie, sociali, ambientali ed economiche. Dobbiamo proteggere la popolazione dai danni del fumo di sigarette, non porre fine all’industria del tabacco. Si devono evitare le devastanti conseguenze sanitarie del consumo di tabacco e dell’esposizione al fumo. Ma questo non è avvenuto con la Convenzione. Nel 2019 è stato condotto un esame piuttosto approfondito sui risultati della Convezione: nessuna prova indica che il progresso globale nella riduzione del consumo di sigarette sia stato accelerato dal meccanismo del trattato. Non c’è stata nessuna svolta nella riduzione del numero di fumatori nei Paesi che l’hanno applicata. Nel 2003 si voleva combattere solo l’industria del tabacco, ma a partire dall’inizio dell’ultimo decennio abbiamo iniziato a vedere un’espansione dei nuovi prodotti alternativi come tabacco riscaldato, e-cig, e sempre più prodotti a base di nicotina per via orale”.

Rispetto ai nuovi dispositivi alternativi alla sigaretta, “ci sono molte prove della loro efficacia nella riduzione del danno – precisa Bates – Alcuni continuano a dire che non ci sono prove. Non abbiamo dati a lungo termine, ma ci sono prove sufficienti per affermare che tutti questi prodotti, collettivamente, sono molto meno rischiosi del fumo. Questo è un fatto incontrovertibile e al di là di ogni ragionevole dubbio. In pratica, se si potessero sostituire i prodotti ad alto rischio con quelli a basso rischio, ‘boom’, si otterrebbe una drastica riduzione del rischio, e con questo una diminuzione dei casi di cancro, di nuove diagnosi di malattie cardiovascolari, di patologie respiratorie, degli ictus”.

La definizione di “controllo del tabacco nella Convenzione quadro si riferisce a strategie di offerta, domanda e riduzione del danno mirate a migliorare la salute della popolazione, il che è positivo – dice l’esperto – è coerente con l’obiettivo: eliminare o ridurre il consumo di prodotti del tabacco o l’esposizione al fumo. Ma dobbiamo anche dire che se qualcuno passa dalle sigarette ai prodotti a tabacco riscaldato, questo è coerente con la definizione di controllo del tabacco, perché migliora la propria salute. Sono 10-15 anni che abbiamo alternative sicure. C’è il caso del tabacco senza fumo, lo ‘snus’, in Svezia che ha dato un contributo incredibile nell’abbattere il numero di fumatori di sigarette. Questo modello avrebbe dovuto essere già incluso nella Convenzione, ma non è stato fatto”.

Bates ricorda alcune dichiarazioni che hanno lasciato il segno nella comunità di esperti che porta avanti nuove strategie di riduzione del danno. Per esempio Olivér Várhelyi (Commissario Ue responsabile per la Salute e il Benessere degli Animali), “che ha affermato che i nuovi prodotti a base di tabacco e nicotina presentano rischi per la salute paragonabili a quelli tradizionali. Su questo – avverte l’esperto – non c’è assolutamente nessuna prova e si può dimostrare che non ci sono studi a sostegno di questa opinione”. Bates cita poi una scheda informativa dell’Oms sulla Giornata mondiale senza tabacco, dove veniva indicato che non ci sono prove sufficienti per suggerire che i prodotti alternativi a tabacco riscaldato siano meno dannosi. “Non è vero – conclude – La Fda ha esaminato 2 milioni di pagine di dati e ha scoperto che i prodotti a tabacco riscaldato erano appropriati per la tutela della salute pubblica e che riducevano drasticamente l’esposizione a sostanze chimiche pericolose o potenzialmente pericolose. Affermare il contrario è una narrazione completamente falsa”.

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