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Fumo, Beatrice (Mohre): “7.500 sostanze tossiche nel fumo, a uccidere è la combustione”

25 Novembre 2025

Roma, 25 nov. (Adnkronos Salute) – “Chi fuma lo fa principalmente a causa della nicotina, una sostanza che provoca dipendenza. Tuttavia, i danni maggiori e le malattie derivano dalla combustione del tabacco. Il fumatore respira fumo che brucia tra 400 e 1.000 gradi, contenente oltre 70 sostanze cancerogene secondo la Iarc”, Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, e “fino a 7.500 sostanze tossiche, tra cui anche il monossido di carbonio”. Sono le parole di Fabio Beatrice, direttore scientifico di Mohr – Osservatorio medico della riduzione del rischio e primario emerito di Otorinolaringoiatria presso l’Asl della Città di Torino, in occasione del Congresso Sidap-Società italiana patologia da dipendenza che si è svolto nei giorni scorsi a Roma. Un evento che ha radunato esperti per un dibattito sulle dipendenze e che ha analizzato anche quella dal fumo.

“La nicotina, pur essendo altamente dipendente – sottolinea Beatrice – non è dimostrata come cancerogena, ma può aumentare la pressione arteriosa di 10mmHg e incrementare l’acidità gastrica, caratteristiche che la rendono difficile da abbandonare. Non a caso – fa notare – le terapie sostitutive a base di nicotina sono le più utilizzate al mondo per aiutare i fumatori a smettere e il loro impiego dimostra la relativa sicurezza biologica della sostanza rispetto ai danni provocati dalla combustione”.

Beatrice ricorda che in Italia fumano circa 10,5 milioni di persone e i decessi correlati al fumo, principalmente dovuti ai prodotti della combustione, sono circa 90mila l’anno. “Si muore di cancro, infarto, ictus, broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) e altre malattie – spiega l’esperto – La maggior parte dei fumatori prova a smettere autonomamente, con un tasso di fallimento superiore al 70%, mentre nei centri antifumo si rivolgono meno di 10mila persone all’anno, meno dell’1% dei fumatori totali. Anche applicando integralmente le linee guida – precisa – le percentuali di chi non riesce a smettere superano quelle di chi ha successo, e i dati di cessazione spesso si fermano a 6 mesi o al massimo 2-3 anni. Troppo poco per una malattia cronica e recidivante come il tabagismo”.

“La paura e gli avvertimenti shock, così come la comparsa di malattie gravi, non sono sufficienti a cambiare il comportamento dei fumatori – afferma Beatrice – Molti pazienti, anche dopo un infarto o un tumore, tornano a fumare nonostante le esperienze drammatiche”. L’esperto suggerisce quindi un approccio più ampio, “educando a stili di vita corretti che comprendono la riduzione dell’alcol, una corretta alimentazione e il movimento: va valorizzata la conservazione dello stato di salute come bene primario”.

Per innescare un cambio culturale, secondo Beatrice occorre il supporto dei medici. “E’ necessario che ogni medico, da quello di famiglia al super specialista – osserva – si impegni attivamente nella promozione della salute e incoraggi chi fuma a cercare aiuto specialistico, aumentando così le probabilità di successo nella cessazione”.

Tra le opzioni disponibili nel percorso per la dismissione del fumo, “i nuovi strumenti a rischio ridotto, come la sigaretta elettronica e il tabacco riscaldato – rimarca Beatrice – non sono sicuri e non vanno proposti ai giovani, ma possono rappresentare un valido supporto per fumatori che non riescono a smettere, riducendo significativamente i danni da combustione. La riduzione del rischio deve essere applicata in modo intelligente e consapevole – conclude – valutando vantaggi e svantaggi dei prodotti disponibili, con l’obiettivo di favorire un cambiamento verso la cessazione definitiva del fumo”.

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