Gemelli, al congresso Floretina il futuro delle terapie salva-vista
Roma, 19 dic. (Adnkronos Salute) – Le novità nei trattamenti medici e chirurgici delle patologie vitro retiniche sono state al centro di Floretina, convegno organizzato da Stanislao Rizzo, ordinario di Oculistica all’università Cattolica del Sacro Cuore e direttore della Uoc di Oculistica della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs di Roma. Un evento scientifico che si è tenuto nelle scorse settimane alla Fortezza da Basso di Firenze, cui hanno partecipato 6mila oculisti da 71 Paesi. Una vetrina sul presente più avanzato e sul futuro prossimo del settore – sottolineano dal Gemelli – costruito in decine di sessioni in parallelo, numerose sedute di live surgery in collegamento con sale operatorie da tutto il mondo (dal Giappone al Brasile, dal Kuwait al Marocco, al Policlinico Gemelli) e ricerca di frontiera. Oltre mille gli abstract pervenuti, persino dalle isole Samoa. A margine dei lavori anche ‘Eyenovate’, un think tank che fa dialogare tra loro grandi investitori (Deutsche Bank, Bank of America, Sanofi e altri) e piccole start up di settore, in cerca di finanziamenti per i loro studi clinici. “Negli anni – dichiara Rizzo – Floretina è diventato un importante punto di incontro, un’agorà frequentata da medici, specializzandi, ricercatori, investitori, aziende, enti regolatori (hanno partecipato tra gli altri dirigenti dell’Aifa, dell’Ema, della Fda), editor in chief di riviste scientifiche prestigiose come il ‘Retina Journal’, società scientifiche di settore tra cui la Sou, Società oftalmologica universitaria”.
Tante le novità sui trattamenti medici e chirurgici delle patologie vitreo-retiniche presentate nei 4 giorni di convegno, riassume una nota. Innanzitutto le terapie per la maculopatia, la principale causa di perdita della vista nel mondo occidentale. “Per quanto riguarda la forma ‘umida’ (la più aggressiva, ma anche la meno frequente, rappresentando appena il 10% di tutti i casi) – riferisce Rizzo – abbiamo farmaci sempre più potenti e patient-friendly. Il vero problema di quelli utilizzati finora è che, seppur molto efficaci, vanno somministrati per iniezioni intravitreali una volta al mese in ospedale. Nella real life questo porta spesso il paziente ad abbandonare la terapia, con gravi conseguenze sulla vista. La nuova generazione di queste terapie anti-Vegf comporta inizialmente 7-8 somministrazioni all’anno, per arrivare in seguito a 3-4”. Ma è possibile fare di meglio. “Ad esempio – spiega lo specialista – introducendo all’interno dell’occhio piccoli serbatoi che rilasciano in maniera continua il farmaco (e già questo è un vantaggio, perché il ‘picco’ dell’anti-Vegf somministrato per iniezione intravitreale non fa benissimo) e possono essere riempiti dall’esterno 1-2 volte l’anno. La Fda li ha già approvati; noi al Gemelli siamo stati i top recruiter per lo studio europeo, ma l’Ema non ha ancora dato il via libera”.
Una frontiera ulteriore è rappresentata dalla terapia genica (Abbv-Rgx-314), che consiste nel portare le cellule della retina a produrre da sole il ‘farmaco’ contro la maculopatia umida, il fattore anti-Vegf. “Anche in questo caso – afferma Rizzo – siamo stati top recruiter in Europa (abbiamo trattato 12 pazienti). I risultati definitivi arriveranno il prossimo anno e speriamo nell’ok dell’Ema per il 2027”. Ci sono poi decine di molecole di nuova generazione (spesso frutto di startup americane) con effetti sempre più potenti e prolungati, attualmente in fase 1 e 2 di sperimentazione, che sono stati presentati in un’apposita sessione del congresso Floretina, Retina Futura.
Per quanto riguarda la maculopatia ‘secca’ (o dry Amd, il 90% dei casi) – prosegue la nota – negli Usa sono disponibili due terapie (Syfovre*, pegcetacoplan e Izervay*, avacincaptad pegol) non ancora approvate da Ema. “Questi farmaci, che richiedono un’iniezione intravitreale mensile – descrive Rizzo – rallentano l’evoluzione della malattia solo nel 30% dei trattati, a livello anatomico, non necessariamente funzionale. Per le forme intermedie di dry Amd altre speranze di rallentare l’evoluzione vengono dai laser per la fotobiomodulazione (Pbm) e dalla iontoforesi con la quale si somministra luteina ad altissima concentrazione”.
Infine, per le degenerazioni retiniche ereditarie c’è il grande capitolo della terapia genica. “Per l’amaurosi congenita di Leber – riferisce l’esperto – abbiamo utilizzato di recente Luxturna*, la prima terapia genica, approvata 3 anni fa. Ma c’è una grande novità allìorizzonte, frutto della ricerca made in Italy. Telethon ha finanziato una piccola grande startup napoletana, AAvantgarde di Alberto Auricchio (ordinario di Genetica medica alla Federico II di Napoli e direttore del Tigem, Istituto Telethon di genetica e medicina di Pozzuoli), che ha messo a punto un ‘dual vector’; questo permette di superare l’empasse del carrier nella terapia genica”. I carrier utilizzati finora, gli adenovirus, possono trasportare solo piccoli frammenti di Dna ‘di ricambio’. Ma alcune malattie oculari come la Stargardt (una maculopatia giovanile), la sindrome di Usher (una rara malattia genetica ereditaria che colpisce vista e udito) o la distrofia corio-retinica X-linked necessitano per il trattamento di frammenti di Dna molto grandi, che gli adenovirus non riescono a trasportare. Auricchio ha ideato un dual vector, ossia ha diviso il Dna in due frammenti che vengono portati sulla retina da due diversi carrier virali, permettendo ai frammenti di Dna di riunirsi all’interno dell’occhio. “Alla Federico II di Napoli Francesca Simonelli (ordinario di Oculistica, università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli) – evidenzia Rizzo – ha già trattato i primi 6 pazienti e ha presentato i risultati a Floretina. Contiamo di iniziare anche noi prestissimo”.
Grande protagonista dei trattamenti vitreo-retinici, poi, è sempre più la chirurgia digitale in 3D: consente al chirurgo di vedere in tempo reale, su un megaschermo posizionato accanto al campo operatorio, tutte le informazioni necessarie per rendere più sicuro l’intervento (pressione dell’occhio, intensità di luce utilizzata, temperatura di infusione). Ma non solo. “Al Gemelli – rimarca Rizzo – è stato messo a punto il primo strumento di intelligenza artificiale applicato alla chirurgia retinica. Si tratta di un software di Ia (Matlab surgical copilot) che ci ‘parla’ durante l’intervento, mettendo in evidenza le lesioni da trattare e le possibili soluzioni. Per realizzarlo abbiamo addestrato con migliaia di immagini questo software a riconoscere le varie fasi della chirurgia retinica, i diversi tessuti e gli strumenti che utilizziamo”. Infine, un’altra novità in sala operatoria riguarda le macchine compatte, ‘all in one’ (Alcon, Unity* Vitreoretinal cataract system-Vcs), che hanno insieme la strumentazione sia per la chirurgia vitreo-retinica che per la cataratta. “Questo ci dà un vantaggio non solo da un punto di vista economico, ma anche di spazio e di organizzazione di sala operatoria”, conclude l’organizzatore di Floretina.
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