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Giornata mondiale del sonno, neurologo ‘disturbi per 1 italiano su 5’

13 Marzo 2024

Milano, 13 mar. (Adnkronos Salute) – Notti sempre più tormentate per gli italiani. Ad affiggerli non sono solo preoccupazioni di vita quotidiana che si insinuano nella mente al calar del sole o semplici brutti sogni, ma disturbi del sonno in crescita. “Le indagini più recenti che sono state condotte hanno dimostrato che il sonno degli italiani è un po’ in peggioramento rispetto agli anni passati”, fa il punto all’Adnkronos Salute Luigi Ferini Strambi, primario del Centro di medicina del sonno dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano e professore ordinario di Neurologia alla Facoltà di Psicologia dell’università Vita-Salute San Raffaele, mentre si avvicina la Giornata mondiale del sonno (in programma venerdì 15 marzo).

“Questo – ragiona l’esperto – probabilmente è anche in parte legato al fatto che abbiamo una maggiore attenzione nei confronti del sonno e della ricerca della diagnosi di eventuali problemi. Tanto più si cercano eventuali disturbi, tanto più si riesce a fare diagnosi, e questo porta inevitabilmente a un accrescimento della prevalenza dei vari disturbi”. In ogni caso il problema delle notti bianche accomuna una quota crescente di popolazione. I numeri sono imponenti. “Se parliamo di prevalenza di quello che è il disturbo più importante, l’insonnia, sicuramente possiamo dire che in Italia i veri insonni, cioè pazienti con questo specifico disturbo, sono una popolazione intorno ai 7-8 milioni di persone. Poi i dati non sono sempre concordanti – precisa Ferini Strambi – perché spesso nella fetta di soggetti considerati insonni si mettono dentro anche persone con altri disturbi, per esempio i cosiddetti privati di sonno o persone che hanno un disturbo del ritmo circadiano. Pensiamo ad esempio ai ‘gufi’, che prima delle 3 o 4 del mattino non si addormentano e poi però dormirebbero fino alle 11 o mezzogiorno, ma non possono e ricadono nella condizione dei privati di sonno”.

Ma nell’Italia che non riposa ci sono anche altri sottogruppi. “C’è un 2% di popolazione generale che soffre della sindrome delle gambe senza riposo, altra problematica che purtroppo spesso non viene diagnosticata in maniera corretta – evidenzia il neurologo – E per quanto riguarda le apnee notturne, parliamo di circa il 5-6% della popolazione maschile e del 3% della popolazione femminile. Se mettiamo insieme tutti questi dati è impressionante quello che salta fuori: le persone che soffrono di un qualche problema o patologia del sonno nella Penisola si può dire che rappresentino circa il 20% della popolazione generale. Una quota davvero consistente di italiani”.

“Ci sono sempre più dati che dimostrano quelle che sono le conseguenze di un sonno o di breve durata o di scarsa qualità. Conseguenze non solo a livello internistico, ma anche a livello neurologico – avverte Ferini Strambi – E parallelamente si stanno consolidando le evidenze di sull’importanza del sonno anche in senso preventivo. In altre parole, curare il sonno può aiutare a prevenire tante possibili malattie, dalle più basilari, come l’ipertensione arteriosa, a quelle più complesse come il decadimento cognitivo”.

E la routine del riposo ha un suo peso. I dati, continua il neurologo, “hanno dimostrato anche che, al di là della durata e della qualità del sonno, sembra essere molto importante anche il mantenimento della buona ritmicità del sonno, del ritmo sonno-veglia. Molto spesso lo vediamo nei giovani, ma non solo: succede che durante la settimana abbiamo un certo tipo di comportamento nei confronti del sonno e questo atteggiamento va poi a modificarsi in maniera sostanziale durante il fine settimana. Ecco, si è visto che questo scollamento tra settimana e weekend non giova. Uno studio condotto su oltre 60mila persone che sono state studiate sul lungo periodo – riporta l’esperto – ha dimostrato che non è tanto la qualità o la quantità del sonno, ma una disorganizzazione dal punto di vista del ritmo sonno-veglia a creare una più facile tendenza a contrarre malattie o addirittura a incrementare il rischio di mortalità”.

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