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Ia, algoritmo Iit va a caccia di proteine dannose per il cervello

1 Aprile 2025

Milano, 1 apr. (Adnkronos Salute) – Si chiama catGranule 2.0 Robot, ma non è un robot qualunque. Il ‘Robot’ del nome è un acronimo (sta per Ribonucleoprotein Organization in Biocondensates Organelle Types) e lo strumento è in realtà un algoritmo di machine learning che va a caccia di proteine dannose per il cervello: analizza il comportamento delle proteine all’interno delle cellule e prevede il loro potenziale di scatenare malattie neurodegenerative come la Sla, il Parkinson e l’Alzheimer. L’obiettivo è identificare nuovi target molecolari per ricerche e terapie mirate. Il nuovo algoritmo di intelligenza artificiale al servizio della medicina, descritto sulla rivista ‘Genome Biology’, è stato sviluppato nell’ambito di un progetto europeo coordinato dall’Istituto italiano di tecnologia (Iit).

Le patologie neurodegenerative – ricordano dall’Iit – rappresentano una sfida sanitaria e una problematica con ricadute socio-economiche importanti: in Italia si stimano circa 1 milione di persone affette e il costo medio per paziente è calcolato in circa 70mila euro. Il gruppo guidato da Gian Gaetano Tartaglia sta studiando il comportamento chimico-fisico di alcune proteine collegate all’insorgenza di queste malattie. Proteine dotate della capacità di formare condensati biomolecolari, simili a gomitoli molto intrecciati, che in alcune condizioni diventano insolubili in acqua. In assenza di malattia questo meccanismo è funzionale per gestire la produzione di altre proteine e rispondere a situazioni di stress cellulare, ma quando il processo di condensazione subisce un’alterazione si produce uno stato patologico: i gomitoli proteici diventano strutture solide che si accumulano nelle cellule e le portano alla morte. Esempi di questi aggregati tossici sono i corpi di Lewy associati al Parkinson, gli accumuli di filamenti nel motoneurone collegati alla Sla, sclerosi laterale amiotrofica, e le placche amiloidi correlate all’Alzheimer. Il passaggio da un contesto sano a una situazione di malattia è spesso dovuto a modifiche che avvengono nella struttura proteica e che trasformano i condensati biomolecolari in aggregati di materia solida.

Con la supervisione di Tartaglia, i post-doc dell’Iit Michele Monti e Jonathan Fiorentino hanno messo a punto un algoritmo in grado di comprendere il legame tra le mutazioni presenti nelle proteine e la formazione dei condensati. L’utilizzo del software permette di rintracciare le proteine potenzialmente dannose, così da identificare appunto target per studi e terapie mirate. “L’individuazione di caratteristiche biochimiche correlate alle malattie neurodegenerative è cruciale per intervenire precocemente e rallentare il decadimento cognitivo – afferma Tartaglia – Abbiamo addestrato il nostro sistema per riconoscere la formazione di condensati, che in molti casi è un passo iniziale per la formazione di aggregati tossici”.

Il meccanismo chimico-fisico che porta alla formazione dei condensati biomolecolari – dettaglia una nota dell’Iit – è definito separazione di fase liquido-liquido e alcune proteine possiedono la struttura tridimensionale adatta a favorire questo processo. La formazione dei gomitoli è regolata anche dall’Rna, che interagisce con le proteine facilitando o inibendo la separazione di fase. Il team di ricerca ha quindi puntato l’attenzione sull’interazione Rna-proteina e ha istruito catGranule 2.0 Robot in modo che usi questo parametro come indicatore per determinare se un condensato biomolecolare ha il potenziale per diventare tossico. L’algoritmo di machine learning è capace di studiare la struttura di una proteina, analizzando le sequenze di amminoacidi di cui è composta e considerando la sua affinità per l’Rna. Da questa analisi gli scienziati possono poi determinare la propensione a subire separazione liquido-liquido e a generare condensati. Il metodo Robot permette dunque di studiare l’influenza delle mutazioni sulla separazione liquido-liquido: se queste alterano l’interazione proteina-Rna, è probabile che condizionino anche la formazione dei condensati, portando a conseguenze patologiche.

Lo studio si inserisce nel contesto del progetto internazionale Ivbm-4Pap coordinato dall’Iit, che mira a sviluppare il microscopio Ivbm (In-Vivo Brillouin Microscope) utile a individuare nuovi target terapeutici nel contesto delle malattie neurodegenerative. Ivbm servirà a misurare le proprietà delle proteine e dei condensati all’interno delle cellule viventi, senza interventi esterni. L’algoritmo catGranule 2.0 Robot rappresenta la base computazionale su cui il consorzio di ricerca sta sviluppando il progetto: fornisce infatti le previsioni teoriche su quali proteine e mutazioni potrebbero essere rilevanti. I ricercatori possono poi verificare i calcoli con il microscopio, osservando in tempo reale il comportamento delle proteine e la loro interazione con l’Rna nella cellula. L’integrazione tra il lavoro computazionale dell’algoritmo e le attività sperimentali condotte al microscopio ha il potenziale per identificare precocemente i segnali patologici e sviluppare nuove strategie terapeutiche che rallentino la progressione di malattie neurodegenerative, riducendone così gli impatti a lungo termine.

Il consorzio Ivbm-4Pap è composto dal Center for Life Nano and Neuro-Science e dal Rna Systems Biology Lab dell’Istituto italiano di tecnologia, dall’università di Trento, dall’Universidad Zaragoza (Spagna), dal gruppo ImHorPhen dell’Université Angers (Francia) e dall’azienda Crest Optics. Il nuovo algoritmo è a disposizione della comunità scientifica al link https://tools.tartaglialab.com/catgranule2.

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