Influenza, igienista Mantovani: “Vaccini non sono tutti uguali”
Padova, 30 set. (Adnkronos Salute) – La stagione influenzale di quest’anno, “dalle prime informazioni che provengono dall’altro emisfero” sarà “piuttosto complessa. Questo indica che la campagna di immunizzazione è ancora più importante. I vaccini antinfluenzali non sono tutti uguali ci sono alcune specificità. Alcuni sono indicati per i bambini, altri sono stati studiati, come i potenziati, per i soggetti con età superiore di 65 anni o a elevato rischio perché portatori di malattie croniche” o altre patologie “che rendono l’organismo più fragile e più prono a sviluppare complicanze”. Così Lorenzo Mantovani, professore ordinario di Igiene generale e applicata presso il dipartimento di Medicina e chirurgia dell’Università Bicocca di Milano, a latere del Simposio ‘Il valore della vaccinazione antinfluenzale. Nuove prospettive’, durante il 55.esimo Congresso nazionale della Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (Siti) in corso a Padova fino a domani.
Il valore di un vaccino antinfluenzale “si valuta cercando di comprendere, attraverso studi di diversa natura, la sicurezza, innanzitutto e, quindi, l’efficacia”. I due parametri messi insieme costituiscono, dice l’esperti, ‘il rapporto rischio-beneficio che, in questo caso, è estremamente favorevole”.
Negli anziani, l’influenza comporta un aumento del rischio di gravi malattie cardiovascolari e respiratorie, come l’infarto del miocardio e la polmonite. Nei paesi sviluppati, il 90% dei decessi legati all’influenza si verifica nei soggetti di 65 anni o più. In questa fascia di età, nel 50-60 % dei casi, l’influenza comporta l’ospedalizzazione. Inoltre, con l’avanzare dell’età (oltre gli 85 anni) il rischio di morire per influenza o polmonite aumenta di 32 volte. Il vaccino contro l’influenza stagionale previene il 70-90% delle malattie correlate all’influenza negli adulti e negli anziani e può ridurre del 60% l’incidenza di complicazioni e dell’80% quella dei decessi.
L’esperienza del Covid ha dimostrato la necessità, per i vaccini, di affiancare, agli studi sperimentali – costruiti su setting chiusi e ideali – anche gli studi osservazionali, condotti sul campo. “Gli studi sperimentali – dice Mantovani – sono condotti su una popolazione selezionata all’inizio del ciclo di vita di una tecnologia e danno informazioni esplicite, e molto precise, sul fatto che il vaccino sia in grado di funzionare. Gli studi osservazionali permettono di comprendere se il valore stimato di efficacia degli studi sperimentali sia trasferibile alla popolazione non selezionata, il cosiddetto mondo reale”.
Gli studi osservazionali sulla popolazione, hanno inoltre un valore aggiunto perché “sono anche il glod standard”, cioè il riferimento, “per valutare la sicurezza delle tecnologie, inclusi i vaccini perché – precisa l’esperto – permettono di registrare e documentare reazioni avverse che magari sono gravi, ma rarissime, che si possono vedere solo su grandissimi numeri”. Questi studi costituiscono “un processo continuo di valutazione e validazione – aggiunge – Nel momento in cui un vaccino o altra tecnologia resta sul mercato per più stagioni e per diversi anni significa che ha superato anche questa prova estremamente difficile: una sorveglianza lunga su milioni di persone”.
Anche le linee guida internazionali sull’impiego dei vaccini antinfluenzali si stanno aggiornando e raccomandano una “ricerca che comprenda entrambe le tipologie di studi, sperimentali e osservazionali – ricorda Mantovani – dando una gradazione” nella valutazione della qualità del vaccino “sulla base della possibilità o meno che gli studi siano stati condotti in maniera corretta, che non ci siano delle distorsioni” alla base, “soprattutto per quelli osservazionali” A tale proposito, “le linee guida statunitensi ed europee – conclude – hanno mostrato che i vaccini potenziati sono quelli più appropriati, una parola magica: cioè il vaccino giusto per il paziente giusto”, per chi ha “più di 65 anni”.
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