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La dottoressa gettonista, ‘non siamo nababbi da punire’

9 Ottobre 2023

Roma, 9 ott. (Adnkronos Salute) – La passione per la Medicina, una lunga esperienza nei pronto soccorso in provincia e in una città grande e complessa come Roma. Poi, dopo quasi 30 anni di mestiere, la scelta delle dimissioni perché “fare il mio lavoro, il più bello in assoluto, era ormai impossibile” e la decisione “personale” di diventare un medico ‘gettonista’, ovvero che offre le sue prestazioni da libero professionista tramite una cooperativa alle strutture pubbliche e non, che hanno carenza di medici. E’ il racconto all’Adnkronos Salute della dottoressa Antonella Maria Ciammella.

“Lavoro in pronto soccorso dal 1999 e mi è sempre piaciuto, ma ora è tutto cambiato e sicuramente non in meglio, anzi. Ho chiesto di cambiare reparto, ma mi è stato negato. Dopo il Covid la situazione è diventata intollerabile e ho scelto di andare via dalla sanità pubblica, che io ho difeso e difenderò sempre. Da un paio d’anni lavoro come ‘gettonista’, voglio chiarire che lo stipendio non sono le cifre apparse sui giornali, io non prendo il triplo dei miei colleghi. Prendo meno. Certo, un collega giovane che guadagna 1.200 euro per un turno di 12 ore ed è disponibile sempre, a fine mese può arrivare a cifre importanti, anche 10mila euro. Ma il prezzo che paga è alto: non hai più una vita soprattutto se la cooperativa per cui lavori ‘affitta’ le tue competenze in un grande ospedale”.

Il punto di vista economico nella questione dei medici ‘gettonisti’ nei pronto soccorso è diventata la crociata del ministro della Salute Orazio Schillaci che, dopo aver inviato in Nas nelle strutture, recentemente ha chiesto alla Regione di mettere fine entro l’anno a questo tipo di accordi. Ma gli ospedali e le Asl hanno fatto parecchio ricorso alle cooperative. “Io guadagno meno di 50 euro l’ora – precisa – perché devo pagarmi tutto da sola, la previdenza, l’assicurazione. Guadagno se lavoro, se mi faccio male sto a casa e non prendo un euro. Certo, oggi che sono in una clinica privata convenzionato al Ssn con un piccolo pronto soccorso, i ritmi non sono quelli di un Umberto I o di un San Camillo. Ma stanno assumendo diversi medici con contratti a gettone perché dovrebbero aprire una nuova struttura”.

La dottoressa specializzata in Gastroenterologia ha sempre lavorato nei dipartimenti di emergenza urgenza. “Sono stata molto bene a Formia con un bravo primario che era riuscito a portare il pronto soccorso ad ottimi livelli, poi è tornato a Roma. Ma nella Capitale – sottolinea – la sanità vive altre dinamiche, spesso legate a baronati e politica, e qui le cose sono peggiorate. Poi ho avuto qualche problema di salute, il carico di lavoro in pronto soccorso è diventato insormontabile e infine è arrivata la pandemia Covid che ha trascinato tutti nel baratro”.

Da eroi della pandemia i medici del pronto soccorso sono tornati a essere in trincea, tra turni massacranti e le aggressioni al personale. “Nei pronto soccorso il problema più evidente è quello del ‘boarding’, ovvero le persone che arrivano, vengono valutate e in attesa di andare nel reparto rimango sulle barelle perché nei reparti non ci sono i posti letto. Stanno lì ore, giorni, anche fino a 10 giorni – aggiunge – Così il carico di lavoro di noi medici di emergenza aumenta a dismisura perché devi gestire i nuovi accessi e anche chi rimane da noi perché mancano i letti in ospedale”.

Ma chi sono i medici gettonisti? “Io sono la collega con più esperienza, tanti sono giovani”, non un buon segnale per un Servizio sanitario in grave sofferenza per i ‘buchi’ di personale, c’è anche l’allarme sugli infermieri. Al ministro Schillaci “direi che i medici scappano dal pronto soccorso perché non sono messi nelle condizioni di lavorare al meglio – rimarca – C’è un carico di lavoro intollerabile, serve quindi aumentare il personale, eliminare il boarding e dare incentivi economici perché assistere e curare i pazienti in pronto soccorso non è come farlo in un reparto ospedaliero”.

“Tanti medici sono andati via, la mole di lavoro è diventate davvero impossibile da sopportare, ho visto colleghi più giovani piangere in un angolo del pronto soccorso per la stanchezza, il lavoro inumano, le aggressioni da parte dei pazienti esasperati dalle lunghe attese”. Dopo il Covid il Governo ha deciso di dare un incentivo a chi, dipendente dell’ospedale ma in altri reparti, decideva di fare dei turni in pronto soccorso. “Ma non ti improvvisi medico di emergenza – avverte la dottoressa – Sono venuti a dare un mano ma molti non sanno cosa fare, serve una professionalità che non si inventa da un giorno all’altro”.

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