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Medicina: ematologo Mannucci, ‘gruppo sanguigno Er non cambia pratica clinica’

12 Ottobre 2022

Milano, 12 ott. (Adnkronos Salute) – “Che ci siano tanti gruppi sanguigni rari e sconosciuti non mi sorprende affatto, perché l’eterogeneità polimorfica dei geni e delle proteine è enorme. Se ne possono scoprire di nuovi che in qualche rarissimo caso possono creare dei problemi di incompatibilità. E’ quello che è avvenuto” con il gruppo Er, descritto da un team del National Health Service Blood and Transplant (Nhsbt) inglese e pubblicato sulla rivista ‘Blood’. Ad approfondire il tema con l’Adnkronos Salute è Pier Mannuccio Mannucci, big dell’ematologia ancora operativo con la sua attività di ricerca. Il ‘debutto’ di Er non ha ricadute particolari nella vita di tutti i giorni, né impatto su pratiche cliniche che hanno a che fare col sangue, come le trasfusioni, “che sono sempre sicure grazie ai test di compatibilità”, premette. La notizia però colpisce l’immaginario comune, perché la popolazione è abituata a conoscere due grandi sistemi di classificazione: AB0, in base al quale i gruppi sanguigni sono quattro – cioè A, B, AB, oppure 0 – e il sistema Rh (positivo o negativo).

Ci sono in realtà diversi modi per raggruppare i globuli rossi in base alle differenze negli zuccheri o nelle proteine che rivestono la loro superficie, gli antigeni. “E di antigeni ce ne sono tanti”, spiega lo storico ematologo del Policlinico di Milano. “Alcuni non creano nessun problema – precisa – Quando invece creano qualche problema di incompatibilità materno-fetale, come in questo caso, vengono fuori e gli esperti lo scoprono. Oltre all’AB0 e all’Rh, di gruppi sanguigni ne hanno descritti molti altri. Ma, come sembra il caso descritto dallo studio, sono legati a incompatibilità molto rare. E quindi a livello operativo non cambia molto” neanche dopo il ‘battesimo’ di Er. “Tuttora, infatti – puntualizza Mannucci – lo screening si fa su AB0 e sull’Rh e basta”. Se è vero che oggi, come spiega l’International Society of Blood Transfusion (Isbt), si identificano 43 diverse classificazioni dei sistemi di gruppi sanguigni negli esseri umani, “questo sarà il 44esimo”.

Una scoperta di questo tipo, osserva lo specialista, “potrebbe spiegare a posteriori alcune incompatibilità rare”, mentre “prevenirle la vedo difficile perché è difficile fare uno screening su 44 sistemi di classificazione. Qui vediamo quindi la scoperta interessante, e pubblicata su una rivista autorevole, di un nuovo gruppo sanguigno. Questo non sorprende, perché gli antigeni rari ci sono. In fondo anche l’Rh negativo è raro: è al 15% nella maggior parte delle popolazioni”. Gli esperti calcolano che sono stati classificati oltre 700 tipi di antigeni, raggruppati nei vari sistemi. “Questi antigeni non vengono screenati neanche per i donatori. Non è come il caso dell’Rh su cui si può fare una prevenzione. E non vedo delle implicazioni generali dal fatto che ci siano tanti gruppi sanguigni rari che siano sconosciuti”, ragiona Mannucci.

“Noi usiamo il sistema di classificazione AB0 – evidenzia l’ematologo – perché proprio lì ci sono le reazioni cospicue con la trasfusione nel sangue. E serve anche dal punto di vista della medicina legale, per esempio, o della paternità e di aspetti di questo tipo. L’Rh lo usiamo invece soprattutto per l’incompatibilità materno-infantile, perché per il resto non crea particolari problemi. Il problema è quando c’è una madre con Rh negativo e il bimbo è positivo per via del padre. Naturalmente viene testato anche per la donazione, perché si vuole evitare di creare problemi agli Rh negativi”.

A livello trasfusionale, illustra Mannucci, “il fatto che esistano tutti questi sistemi non cambia niente. Va tenuto infatti presente che, quando si fa una trasfusione, si fanno sempre i test di compatibilità diretti fra il ricevente e il sangue del donatore. Le trasfusioni sono sicure perché, prescindendo dal fatto che si trasfonde un certo gruppo, al momento della trasfusione si controlla sempre che non ci siano delle incompatibilità al di fuori di quelli che sono i gruppi noti. Quindi la tutela della trasfusione c’è comunque. Nel sangue di donazioni si tiene sempre una provetta da parte per poter fare i test di compatibilità e il problema viene risolto in quel modo. Si valuta sempre il caso specifico per vedere se quel donatore è compatibile con quel ricevente. Il valore di questo studio è importante a livello di letteratura scientifica”.

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