Medicina, neurologi: “Anticorpo anti-Alzheimer? Pronti a raccogliere sfida”
Roma, 10 lug. (Adnkronos Salute) – La piena approvazione appena concessa dalla statunitense Fda (Food & Drug Administration) al farmaco Lecanemab (Leqembi®) per la malattia di Alzheimer prodotto da Eisai-Biogen apre nuovi scenari che richiederanno un ulteriore sforzo da parte di tutti gli attori coinvolti nella gestione della classe dei farmaci innovativi cui Lecanemab appartiene. In una nota congiunta la Società italiana di neurologia (Sin) e l’Associazione autonoma aderente alla Sin per le Demenze (Sin-Dem) si dicono pronte a raccogliere la sfida che nasce da questa nuova opportunità che rallenta il decorso nelle fasi iniziali di malattia. La piena approvazione della Fda ha infatti confermato che Lecanemab è efficace e ha un profilo rischi/benefici positivo.
In Usa – prosegue la nota – Medicare richiederà a medici e farmacisti ospedalieri di attivare un registro ove riportare informazioni cliniche su ogni paziente prima e durante il trattamento col farmaco in modo di avere dati di Real World Evidence a lungo termine. Nel nostro Paese, grazie al Piano delle Demenze e alla rete dei Centri per i Disturbi Cognitivi e per le Demenze, sono garantite in quasi tutto il territorio sia diagnosi tempestive e accurate sia cure adeguate. Le istituzioni sono vicine alle famiglie dei malati con Alzheimer e sono già in atto diverse iniziative che mirano a portare al centro delle attività del Ssn la malattia di Alzheimer e le demenze.
I rischi di edemi ed emorragie cerebrali emersi negli studi preclinici – dettaglia la nota – sono risultati correlati a specifiche categorie di pazienti e siamo certi che in tutto il mondo ciò rappresenterà un’importante linea guida di trattamento per i pazienti a rischio e cioè: chi assume anticoagulanti; chi presenta microemorragie cerebrali alla Rmn; chi ha un genotipo APOE4. L’approvazione Fda si è basata su uno studio molto ampio che ha dimostrato come Lecanemab determini in 18 mesi una progressione clinica inferiore del 27% rispetto al placebo. Il dato è certamente incoraggiante ma richiederà comunque studi di efficacia e sicurezza più lunghi.
Ancora non sappiamo quale sarà la decisione di Ema e Aifa – conclude la nota – ma siamo consapevoli del fatto che la Malattia di Alzheimer è molto complessa e che già oggi si può fare molto controllando i fattori di rischio cardiovascolari e adottando stili di vita adeguati. Sarà importante non trovarci impreparati e la Società italiana di neurologia e la Sin Dem sono pronte.
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