Melanoma metastatico, da studi Ire nuove opportunità di diagnosi e cura
Roma, 27 dic. (Adnkronos Salute)() – I risultati di due studi dell’Irccs Istituto nazionale tumori Regina Elena (Ire) di Roma, sostenuti da Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, offrono importanti opportunità diagnostiche e terapeutiche per la lotta al melanoma metastatico. Nel primo articolo, pubblicato su ‘Theranostics’, i ricercatori hanno dimostrato che specifici microRna circolanti (miR-579-3p e miR-4488) potrebbero essere utilizzati come biomarcatori per valutare la risposta dei pazienti alla terapia antitumorale. Il secondo articolo, pubblicato su ‘Oncogene’, vede come protagonisti due altri microRna (miR-199-5p e miR-204-5p) che, incapsulati in nanoparticelle lipidiche e trasportati nelle cellule tumorali, potrebbero agire come farmaci.
Nel primo studio – riferisce una nota – i ricercatori hanno osservato che il melanoma diventa resistente alle cure quando si libera di determinati miRna e si arricchisce di altre molecole di questo tipo. I microRna sono molecole molto piccole e stabili, e per questo si possono facilmente estrarre e misurare nel sangue dei pazienti. Anche per queste caratteristiche, se validati in più ampi studi clinici, possono essere utilizzati come biomarcatori di biopsia liquida, in maniera semplice ed economica. Le tecniche per questo tipo di analisi – sottolinea l’Ire – sono molto simili a quelle impiegate nei cosiddetti tamponi molecolari per stabilire la presenza di materiale genetico del virus Sars-CoV-2.
Dal secondo articolo emerge che due altri microRna, incapsulati in nanoparticelle lipidiche e trasportati nelle cellule tumorali, potrebbero aiutare a superare la resistenza a terapie mirate contro la mutazione Braf, spesso responsabile dello sviluppo del melanoma. Le nanotecnologie, basate su vettori lipidici, si sono rivelate cruciali nella lotta al Covid-19, dato che – spiega l’Ire – sono state utilizzate per fabbricare i vaccini a Rna. Oggi le tecnologie impiegate per prevenire la malattia Covid sono studiate per combattere i tumori.
I due studi sono stati coordinati dal direttore scientifico Ire Gennaro Ciliberto e sono stati svolti in collaborazione con il gruppo di ricerca diretto da Rita Mancini, del Dipartimento di Medicina clinica e molecolare della Sapienza Università di Roma, e con quello diretto da Paolo Ascierto presso l’Irccs Fondazione Giovanni Pascale di Napoli. Il melanoma – ricorda la nota – è il cancro più aggressivo della pelle. In Italia si stimano circa 7.300 nuovi casi ogni anno tra gli uomini e 6.700 tra le donne. L’incidenza è in crescita ed è raddoppiata negli ultimi 10 anni. Fino a pochi anni fa la forma metastatica era ritenuta una malattia difficilmente curabile, ma di recente si sono registrati importanti progressi contro questo tipo di tumore.
Le attuali terapie per il melanoma sono oggi principalmente di due tipi: l’immunoterapia con gli anticorpi inibitori dei checkpoint immunitari e le terapie a bersaglio molecolare con farmaci inibitori delle chinasi. In molti casi questo tumore è provocato da una proteina alterata prodotta da Braf, che può essere efficacemente colpita con terapie mirate, in grado di colpire solo le cellule malate, risparmiando quelle sane. Tuttavia uno scoglio ancora da superare è lo sviluppo della resistenza ai trattamenti, i quali perdono così in parte o del tutto la loro efficacia. Quando la resistenza si presenta durante le cure, i farmaci utilizzati fino a quel momento diventano inefficaci e per i pazienti non ci sono altre opzioni terapeutiche. Trovare soluzioni a questo fondamentale problema clinico è l’obiettivo degli studi pubblicati dai ricercatori dell’Ire.
“I nostri risultati sono preliminari, perché lo studio ha coinvolto solo 70 pazienti – dichiara Ciliberto – Se saranno ulteriormente validati in una più ampia popolazione di pazienti, potranno offrire nuove opportunità diagnostiche per selezionare più precisamente i pazienti che hanno maggiore probabilità di rispondere alle terapie. Sul versante terapeutico – aggiunge – nei prossimi anni cercheremo di rafforzare, anche grazie a ulteriori finanziamenti, i dati finora ottenuti, approfondendo gli studi di laboratorio per avvicinarci sempre di più al trasferimento alla clinica di questo approccio innovativo”.
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