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Mental coach, ‘Sinner vince perché si diverte in campo, esempio per i ragazzi’

26 Gennaio 2024

Roma, 26 gen. (Adnkronos Salute) – Uno dei segreti delle vittorie di Jannik Sinner, primo finalista degli Australian Open, “è l’atteggiamento: oggi si diverte di più quando gioca e questo è alla base. Ride e scherza di più, non è serioso come qualche anno fa. Un bell’esempio per i ragazzi”. Così all’Adnkronos Salute Orlando Cetta, mental coach sportivo a Roma. “Il punto – prosegue – è che lo fa a prescindere dall’avversario”. Oggi era Novak Djokovic, altro campione che ha fatto della forza psicologia una sua arma in più. “Questo aspetto è la parte su cui si deve lavorare con tutti i ragazzi anche prima di insegnare l’agonismo”, suggerisce Cetta. “Riuscire a divertirsi nello sport deve arrivare prima del risultato, deve essere un punto di partenza – avverte – e per farlo ci sono diverse strategie, ma arrivando alla vittoria divertendosi è un’arma fondamentale. Magari all’esterno sembra che non fai le cose seriamente, ma non è così”.

“Battere Nole Djokovic tre volte nel giro di pochi mesi – ricorda Cetta – uno che ha più esperienza e ha allenato di più l’aspetto mentale, dimostra il salto che ha fatto Sinner a soli 22 anni, facendo anche scelte nette come il cambio di coach”. Oggi le vittorie di Sinner e il suo atteggiamento dentro e fuori dal campo “possono aiutare tanti ragazzi – osserva il mental coach – Un 22enne che ha scelto il tennis andando controcorrente con lo sport più diffuso nella sua zona, lo sci, dimostra la forza di volontà, ma anche la necessità di confrontarsi con una disciplina che, a differenza dello sci, ti permette di poter fare qualche errore in più: quindi hai un margine in più per arrivare alla vittoria. Insomma, ha scelto la cosa per lui più congeniale”. Come si può lavorare su questo aspetto? “Da piccoli si può capire la propria indole – risponde Cetta – I ragazzi devono avere la libertà di poter scegliere e la famiglia, vedi anche il caso di Sinner, ha un ruolo fondamentale nel sostenere senza entrare a gamba tesa e giudicare il lavoro del team. I genitori devono esserci sempre, ma rimanere al loro posto”.

L’aiuto di un mental coach dura per tutta la carriera? “E’ una figura che nasce nel tennis 25-30 anni fa, Agassi nel parla già nella sua autobiografia ‘Open’ – conclude Cetta – Ma rimane una figura nell’ombra e poco pubblicizzata. E’ un affiancamento al professionista che può durare per un certo periodo e ritornare ciclicamente, ma noi dobbiamo dare degli strumenti per far diventare autonomo l’alteta”.

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