Morbillo, l’esperta: “Vitamina A non è misura preventiva, troppa non fa bene”

Milano, 21 mar. (Adnkronos Salute) – Morbillo e vitamina A: “Un concetto obsoleto”, datato. Lo spiega Monica Gandhi, super esperta di malattie infettive dell’University of California San Francisco (Ucsf) e del San Francisco General Hospital, che fa chiarezza su un tema molto dibattuto in questi giorni in cui è sotto i riflettori l’exploit di casi di morbillo registrato in diverse aree del mondo, Europa compresa: “La vitamina A – precisa – non è una misura preventiva”, credenza invece molto diffusa soprattutto in ambienti no-vax.
La specialista fa un salto indietro nel tempo per far luce sulla questione. “In passato, in tempi di carenza di vitamina A, quando le diete erano povere, una grave mancanza” di questo nutriente “provocava esiti più gravi di morbillo (ma succedeva allora, quando si contraeva il morbillo, che ora può essere evitato con la vaccinazione)”, scrive in un focus postato su X. “Una revisione Cochrane ha dimostrato che 2 dosi di vitamina A dovrebbero essere somministrate ai bambini con morbillo grave (specialmente quelli di età inferiore ai 2 anni) e l’Oms”, Organizzazione mondiale della sanità, “raccomanda 2 dosi di vitamina A negli adulti e nei bambini con morbillo. Tuttavia, la vitamina A – ribadisce Gandhi – non è una misura preventiva”, non previene il contagio. In altre parole, non è considerabile un’alternativa al vaccino.
“Non c’è nessuna indicazione in quest’epoca (in cui assumiamo molta vitamina A nella dieta) di assumere vitamina A per prevenire il morbillo”, incalza l’esperta, soprattutto dopo che questo nutriente è tornato alla ribalta specie negli Usa, sulla scia di recenti dichiarazioni di Robert F. Kennedy Jr, responsabile della sanità negli States, in relazione alla possibilità che riduca il rischio di morire per la malattia. Gandhi inoltre avverte: “La vitamina A è una vitamina liposolubile, il che significa che rimane nel corpo e può causare tossicità (ad esempio fragilità della pelle e delle ossa, mal di testa, danni al fegato) se consumata in quantità troppo elevate”. Quindi, continua, “il modo migliore per prevenire il morbillo è vaccinarsi contro” questo virus, “soprattutto se ci si trova in un’area in cui si sta verificando un’epidemia. I bambini hanno bisogno del vaccino e di solito si inizia a 15 mesi (a meno che non si verifichi un’epidemia, in tal caso si può iniziare a 6 mesi)”.
Il morbillo, ricorda Gandhi, è una malattia “altamente contagiosa, una delle malattie infettive più contagiose”. Si manifesta con “tosse, raffreddore (naso che cola), febbre e un’eruzione cutanea maculo papulare che inizia diversi giorni dopo” i sintomi iniziali. C’è un segnale che è “altamente emblematico”, ‘patognomico’ della malattia: sono “le macchie di Koplik”, piccole lesioni biancastre e circondate da un alone rosso “sulla parte interna delle guance”, che “precedono l’insorgenza del rash”.
Come avviene il contagio? La malattia è “infettiva sotto forma di goccioline nell’aria diffuse tramite contatto diretto con le secrezioni respiratorie delle persone infette. I pazienti sono più contagiosi durante la fase prodromica tardiva della loro malattia, quando tosse” e raffreddore “sono al culmine – chiarisce la specialista – L’eruzione cutanea può diventare confluente su viso e collo e si attenua dopo 5 giorni. L’intera sindrome dura 7-10 giorni, con rare complicanze come polmonite ed encefalite”.
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