Neuromed-Mohre, da sigarette in gravidanza danni a cervello bebè
Isernia, 15 lug. (Adnkronos Salute) – “L’esposizione intrauterina al fumo determina una lunghissima serie di rischi: parto pretermine, basso peso alla nascita, rischi allo sviluppo dei polmoni, del sistema cardiovascolare” e anche del “cervello, con conseguenze che perdurano a lungo termine, sino alla vita adulta, come obesità, ipertensione, diabete di tipo 2, problemi comportamentali e malattie cardiache”. Lo ricordano i relatori del convegno ‘Cervello sotto attacco’, organizzato da ‘Mohre X Neuromed’. Passando in rassegna i pericoli del fumo ‘in rosa’, gli esperti si sono concentrati sui possibili danni cerebrali che le sigarette accese in gravidanza possono produrre nel futuro bebè. Tra i pericoli, anche possibili ripercussioni sul quoziente d’intelligenza.
Sono poco meno di metà le donne italiane che fumano – ricorda una nota di Mohre (Osservatorio mediterraneo per la riduzione del danno in medicina) e Irccs Neuromed di Pozzilli, Isernia – e il 38% lo fa ogni giorno. Fumano le donne mature (50%) più delle ragazze (39%), le donne del Sud (50%) più di quelle del Centro (45%) e del Nord (39%). Più nei ceti sociali alti rispetto ai medi e medio-bassi, in controtendenza rispetto a ciò che avviene per i maschi (dati Astra Ricerche per Fondazione Veronesi). “Le donne fumano troppo – osserva Fabio Beatrice, direttore scientifico del convegno – Il 34,7% delle italiane accende ‘3 o più sigarette al giorno’, il 9,7% ‘non tutti i giorni, a volte’ o ‘1-2 sigarette al giorno’. Dieci donne su 100 accendono almeno 16 sigarette al giorno, una fumatrice su tre fuma da almeno vent’anni”. E quelle che non smettono quando aspettano un bimbo, sottolinea Giacomo Mangiaracina, direttore di Anp (Agenzia nazionale per la prevenzione) e membro del board di Mohre, “espongono il feto alle sostanze tossiche scaturite dalla combustione”, rischiando “effetti drammatici sulla salute del bambino, a cui si aggiungono rischi di sviluppare danni che si accumulano se la madre fuma, anche poco, durante l’allattamento e con l’esposizione al fumo passivo”.
Per Beatrice “dobbiamo pensare a strategie diverse per aiutare le donne, che sviluppano il tumore del polmone quasi quanto gli uomini, e i loro bambini. Ad esempio sfruttando un momento in cui sono più sensibili, la gravidanza che rappresenta una ‘finestra di ricevibilità’ delle proposte, ma con programmi a medio termine e follow-up di almeno 2-5 anni, quel range di tempo in cui più spesso avvengono le ricadute. Le donne” infatti “tornano a fumare dopo aver smesso di allattare”, e “quello è un momento critico in cui è possibile intervenire con programmi di prima e seconda linea”.
“Il fumo passivo e quello di ‘terza mano’, per contatto con le superfici intrise di aerosol combusto – proseguono gli esperti – non fa bene ai più piccoli: aumenta di ben 6 volte la probabilità di morti improvvise in culla nei primi mesi di vita, eleva il rischio di asma allergico nei maschi, a cui si aggiungono otiti e bronchiti recidivanti; aumenta di almeno 5 volte il rischio che il figlio stesso diventi un fumatore rispetto ai figlio delle non fumatrici. Rischio che sale a 8 volte di più se a fumare sono entrambi i genitori”.
“Anche una sola sigaretta al giorno fumata dalla madre – ammoniscono da Mohre e Neuromed – raddoppia il rischio di morte improvvisa (Sid, Suddenly infant death), che aumenta proporzionalmente al numero di sigarette fumate. Lo ha rivelato” uno studio su “‘Pediatrics’, che ha aggiunto come da una a 20 sigarette al giorno la probabilità di Sid aumenti in modo lineare, con ogni sigaretta fumata in più al giorno che aumentava le probabilità di 0,07. E’ stato stimato che il 22% delle Sid negli Stati Uniti possa essere direttamente attribuita al fumo materno durante la gravidanza e che interventi per aiutare le donne a smettere siano strumenti di riduzione del rischio di vita per il bambino”.
Ancora, i relatori del convegno segnalano “i risultati di una meta-analisi su 25 studi che hanno messo in relazione sul fumo materno durante la gravidanza e sul quoziente di intelligenza (Qi) nell’infanzia, nell’adolescenza e nell’età adulta. La stima complessiva ha mostrato che i soggetti che erano stati esposti al fumo materno durante la gravidanza presentavano punteggi Qi più bassi, rispetto a quelli non esposti al fumo materno in tutte le fasce di età”.
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