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Ordini medici, ‘pochi futuri dottori di famiglia, burocrazia e tanto lavoro’

30 Ottobre 2023

Roma, 30 ott. (Adnkronos Salute) – Pochi giovani medici vogliono diventare dottori di famiglia, una “figura che non è abbastanza valorizzata”. A cominciare da una formazione “poco attrattiva: nel momento in cui abbiamo sbloccato l’imbuto formativo, i giovani possono scegliere o di fare il medico di base o la professione specialistica. Nel primo caso hanno diritto a una borsa per 3 anni con incompatibilità totale, cioè non possono lavorare da nessuna altra parte, a 800 euro; se scelgono la specializzazione invece ne portano a casa 1.600”. Lo ha spiegato il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, in un’intervista a ‘Il Messaggero’, dedicata alla carenza dei medici di famiglia.

Tra i problemi che allontanano i giovani da questa professione, Anelli sottolinea “soprattutto i carichi di lavoro: spesso si lavora dalle 8 alle 10 di sera. Oltre alle visite, le prescrizioni, i controlli dei pazienti, i medici di famiglia sono anche gravati da questioni di carattere burocratico. Culturalmente, poi, credo si sia perso il valore della medicina generale che ha alcune caratteristiche non percepite, ad esempio la fiducia”. In particolare, “la gestione delle cronicità non può prescindere da un professionista che inquadra la persona e stabilisce pian piano i percorsi migliori per ridurre le complicanze”.

Il problema economico, secondo il presidente dei medici italiani, non è il punto principale. A seconda degli accordi regionali, per la retribuzione del medico di famiglia “mediamente si dovrebbe stare sui 70-80mila euro lordi l’anno. Poi ci sono forme di incentivo: se si fa più assistenza domiciliare, più vaccini, se si lavora in forme associative complesse e si garantisce l’apertura degli ambulatori per 12 ore, alla fine non è difficile arrivare a 100mila euro”. Anche per un giovane medico, vista “la carenza che c’è oggi”. Alla base della grande penuria di medici di base, però, evidenzia Anelli, “c’è l’errata programmazione da parte delle Regioni, che non ha consentito di formare un numero sufficiente di medici di famiglia. La Lombardia, per esempio, ha formato un numero di medici uguale a quello della Puglia, pur avendo il doppio della popolazione”.

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