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Per la Festa della mamma sboccia l’azalea della ricerca

6 Maggio 2024

Roma, 6 mag. (Adnkronos Salute) – Per la Festa della mamma, domenica 12 maggio, torna a sbocciare l’Azalea della ricerca di Fondazione Airc, che quest’anno celebra un importante traguardo. Da quarant’anni, infatti, questo fiore colorato, simbolo della Festa della mamma, è un’alleata della ricerca sui tumori che colpiscono le donne: in questi 4 decenni sono stati raccolti, in totale, circa 300 milioni di euro, che hanno contribuito al miglioramento della qualità di vita e della sopravvivenza delle donne, attraverso diagnosi sempre più precoci, approcci chirurgici meno invasivi e terapie più precise e mirate, più efficaci – evidenzia Airc – e meglio tollerate. Oggi 2 donne su 3 in Italia sono vive dopo 5 anni da una diagnosi di cancro.

L’azalea festeggia il suo quarantesimo compleanno ricordando a tutti che “il futuro della ricerca è nelle nostre mani”. Circa ventimila volontari, coordinati dai diciassette uffici regionali, tornano in oltre 3.500 piazze per distribuire oltre 600mila piantine di azalea a fronte di una donazione minima di 18 euro. Sarà offerta anche una guida che ripercorre i principali traguardi della ricerca. La piantina è acquistabile anche su Amazon. Tutte le informazioni e i punti di distribuzione si trovano su azaleadellaricerca.it

In Italia – ricorda Airc – solo per il 2023 sono state stimate oltre 187.000 nuove diagnosi fra le donne, 1.300 in più rispetto all’anno precedente. Una recente indagine condotta da Kantar Italia per Fondazione Airc su un campione di 800 donne tra i 18 e i 65 anni di età conferma la trasversalità del cancro: oltre 2 donne su 3 dichiarano di esserne state toccate, per esperienza diretta o di familiari e amici. La malattia è considerata, però, sempre più curabile: per il 50% delle intervistate dal cancro si guarisce nella maggioranza dei casi grazie alle cure a disposizione e per il 90% la ricerca è molto importante per trovare terapie sempre più efficaci e affrontare la malattia nel modo migliore. Il tabù del cancro come “male incurabile” sembra superato ma un terzo delle intervistate (33%) pensa che guarire dal cancro dipende ancora dalla fortuna.

In questi quarant’anni, l’azalea di Airc ha contribuito a molti importanti risultati per migliorare le terapie, ma alcuni tumori, più insidiosi e difficili da individuare precocemente, rappresentano una sfida aperta per la ricerca. Uno di questi è il cancro dell’ovaio che colpisce circa 6.000 donne in Italia ogni anno e rappresenta il 3% di tutte le diagnosi oncologiche. Contro questo subdolo nemico sono molto incoraggianti i risultati di studio coordinato da Maurizio D’Incalci, professore di farmacologia in Humanitas University, responsabile del laboratorio di Farmacologia antitumorale dell’Irccs Istituto vlinico Humanitas e ricercatore Airc.

Con analisi dell’instabilità genomica si potrebbero identificare alterazioni molecolari specifiche del tumore ovarico, nei tamponi utilizzati per il Pap test, con anni di anticipo rispetto ai primi sintomi. Un approccio innovativo, la cui validità dovrà ora essere confermata in studi prospettici. Se i risultati saranno positivi, l’esame non invasivo potrà essere implementato su larga scala, con screening di popolazione per la diagnosi precoce del tumore dell’ovaio.

Una nuova conquista della ricerca che si tradurrà in nuove vite salvate. Negli ultimi quarant’anni in Europa sono state salvate dal cancro oltre due milioni di donne. Tra queste c’è Pina che nel 2004, a 42 anni, riceve una diagnosi di tumore all’ovaio al IV stadio con metastasi. È anche portatrice di mutazioni a carico dei geni Brca e per questo, da allora, ha affrontato più volte la ripresa della malattia, ma beneficiando sempre dei nuovi risultati della ricerca. “Sono consapevole che ogni giorno per me è regalato e forse questa consapevolezza di ‘vivere in proroga’ mi fa assaporare tutto con più felicità – racconta – In questi anni sono stata sottoposta a nuovi approcci terapeutici che hanno permesso di rispondere in maniera più efficace alla ricomparsa della malattia. Io oggi sono qui e ho la fortuna di avere una squadra al mio fianco: i medici, i ricercatori e soprattutto la mia famiglia. Credo fermamente che solo continuando a sostenere la ricerca si potranno trovare risposte per tutte le donne”.

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