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Più spreco di cibo, involontario ‘effetto collaterale’ farmaci anti-obesità

25 Novembre 2024

Milano, 23 nov. (Adnkronos Salute) – Con cadenza regolare fioccano studi che indagano su nuove potenziali doti dei super farmaci anti-obesità e anti-diabete. Ma potrebbero avere anche un inatteso e involontario ‘effetto collaterale’: secondo una nuova ricerca, infatti, potrebbero aumentare lo spreco di cibo, soprattutto nei primi mesi di terapia quando i pazienti ancora non sono abituati alla nuova routine alimentare spinta dal trattamento. Un nuovo studio ha documentato proprio questo: che l’assunzione di farmaci anti-obesità ha portato una quota di adulti americani a buttare via più cibo di quanto facessero prima di iniziare la cura.

A esplorare l’inedito aspetto è uno studio dell’Ohio State University, pubblicato su ‘Nutrients’ nell’ambito del quale gli autori hanno condotto un sondaggio su 505 persone che assumevano farmaci agonisti del recettore del Glp-1 come Ozempic*: il 25% degli intervistati ha dichiarato di aver sprecato più cibo da quando assumeva la terapia. Le persone che sperimentavano nausea avevano maggiori probabilità di segnalare un aumento dello spreco alimentare. Mentre assumere i farmaci per un periodo di tempo più lungo e mangiare più verdure erano elementi associati a un minor spreco alimentare.

Gli scienziati dell’ateneo Usa vedono questo studio sul comportamento dei consumatori come un primo tentativo di valutare gli effetti di questi farmaci sempre più popolari anche sulla produzione e sullo spreco alimentare a livello nazionale e globale. “Si è trattato di uno studio pilota – precisa l’autore senior Brian Roe, professore nel Dipartimento di economia agricola, ambientale e dello sviluppo – per iniziare a esaminare le implicazioni dei medicinali” e cercare di capire anche “quali ampie categorie di alimenti siano più o meno preferite dopo aver iniziato la terapia farmacologica”. Il fatto che lo spreco alimentare sembri “diminuire man mano che i pazienti si ‘acclimatano’ al farmaco suggerisce che potrebbe esserci un rimedio semplice: informarli già alle prime assunzioni della possibilità che si trovino a scartare del cibo man mano che la loro dieta cambia. La consapevolezza su questo aspetto permetterebbe di ridurre lo spreco alimentare e abbassare anche le spese”.

Secondo le stime, dicono gli autori dello studio, negli Usa viene sprecato circa un terzo del cibo e circa la metà di questo spreco è attribuibile ai consumatori, che gettano via in media sui 450 grammi di cibo a persona al giorno. A primavera 2024, circa il 6% degli adulti degli States ha riferito di assumere agonisti del Glp-1, che curano il diabete di tipo 2 e l’obesità agendo su un ormone nell’intestino per abbassare la glicemia, rallentare lo svuotamento dello stomaco e segnalare senso di pienezza al cervello. Nello studio, quasi il 70% degli intervistati assumeva semaglutide e quasi un quarto assumeva tirzepatide. In media, il gruppo aveva perso il 20% del proprio peso se aveva assunto i farmaci per almeno un anno.

Sebbene la nausea fosse il principale motore dello spreco alimentare, i risultati hanno suggerito anche un’altra possibile influenza: cambiamenti nelle preferenze e nelle abitudini alimentari che hanno portato le persone a buttare via cibi ‘caduti in disgrazia’ nella loro classifica di gradimento. In generale, i partecipanti hanno riferito di aver aggiunto frutta e verdura, proteine, pesce e grassi sani alla loro dieta e di aver consumato meno alcol, pasta e altri carboidrati, cibi fritti, dolci e latticini. L’aggiunta di verdure alla dieta, il gruppo alimentare più comunemente sprecato negli Stati Uniti, è stata associata a una minore probabilità di sprecare cibo, altro segno di cambiamento delle abitudini che, in questo caso, ha comportato consumo di pasti più green.

Roe pianifica nuovi studi sul tema: dato il costante aumento delle prescrizioni di agonisti del Glp-1, ci sono ampi impatti economici e ambientali in gioco, a livello locale e globale, afferma. “Le persone che assumono questi farmaci con ogni probabilità spenderanno meno in cibo”, continua Roe. Altri gruppi hanno utilizzato simulazioni per dimostrare che la riduzione del consumo alimentare a livello di popolazione può abbassare i costi energetici, preservare le risorse ambientali e ridurre la creazione di gas serra, tenendo il cibo scartato lontano dalle discariche. Ma considerando quanto siano relativamente nuovi i farmaci anti-obesità, non ci sono ancora dati sufficienti per fare previsioni sulla portata dei loro effetti sociali. “Penso sia chiaro che hanno il potenziale per avere un impatto sulla salute pubblica globale e la ricerca suggerisce che i cambiamenti nell’assunzione di cibo possono influenzare gli indicatori degli impatti ambientali – conclude Roe – Ma ci sono ancora molte altre domande impellenti”.

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