Ricerca, da proteine vecchie 20 milioni di anni svolta per gli studi sull’evoluzione

Milano, 9 lug. (Adnkronos Salute) – Proteine preistoriche vecchie oltre 20 milioni di anni rivoluzionano gli studi sull’evoluzione. Uno studio pubblicato su ‘Nature’ descrive l’estrazione e il sequenziamento di antiche proteine recuperate dallo smalto di un dente di rinoceronte rinvenuto nell’Alto Artico canadese e risalente al Miocene inferiore – quindi a 21-24 milioni di anni fa – aprendo una nuova frontiera per la paleoproteomica: questo “risultato senza precedenti”, lo definiscono gli scienziati, “estende di ben 10 volte la scala temporale delle sequenze proteiche recuperabili e informative sull’evoluzione rispetto al più antico Dna conosciuto”.
Il progetto è stato guidato da Ryan Sinclair Paterson e diretto da Enrico Cappellini dell’università di Copenaghen, in Danimarca. Fondamentale per la ricerca è stato il contributo di Gabriele Scorrano dell’università di Roma Tor Vergata, di Raffaele Sardella dell’università Sapienza di Roma – Dipartimento di Scienze della terra e di Luca Bellucci del Museo di Geologia e Paleontologia dell’università di Firenze, che hanno fornito e analizzato un esemplare di dente di rinoceronte di circa 400mila anni fa proveniente dal sito archeo-paleontologico di Fontana Ranuccio in provincia di Frosinone, riporta una news sul sito della Sapienza. Il reperto ha funzionato da riferimento intermedio tra i campioni più recenti (esemplari medievali) e quello molto più antico analizzato in questo studio, offrendo un confronto diretto sulla conservazione proteica nel tempo.
“Questa ricerca – si legge – segna un momento cruciale per la paleoproteomica, lo studio delle proteine antiche. Sebbene proteine antiche siano state trovate in fossili del Miocene medio-superiore (circa gli ultimi 10 milioni di anni), l’ottenimento di sequenze sufficientemente dettagliate per ricostruzioni robuste delle relazioni evolutive era precedentemente limitato a campioni non più vecchi di 4 milioni di anni. Questo nuovo studio amplia significativamente tale finestra temporale, dimostrando lo straordinario potenziale delle proteine di persistere su vaste scale temporali geologiche nelle giuste condizioni”.
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