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Ricerca, uomo e Ai lavorano meglio insieme o soli? Ecco quando la ‘squadra’ non funziona

28 Ottobre 2024

Milano, 28 ott. (Adnkronos Salute) – Sul posto di lavoro, in diversi settori, succede già ora, e in futuro capiterà sempre di più, di avere a che fare con un nuovo ‘collega’: l’Ai. Ma umani e intelligenza artificiale lavorano meglio insieme o da soli? Lo scenario di avere in squadra un ‘cervellone’ che porta ai livelli massimi la potenza degli algoritmi ha catturato da tempo l’immaginario collettivo: un futuro in cui la creatività umana e il potere analitico dell’Ai si combinano per prendere decisioni cruciali e risolvere problemi complessi. Ma forse non sarà proprio così, perché non sempre questo ‘matrimonio’ professionale è una buona idea. Una nuova ricerca del Mit Center for Collective Intelligence (Cci), pubblicata su ‘Nature Human Behaviour’, suggerisce a sorpresa che i team uomo-Ai spesso hanno prestazioni peggiori per quanto riguarda i compiti decisionali rispetto al meglio ottenuto singolarmente da Ai o uomo. Queste partnership hanno mostrato di essere promettenti invece nei compiti creativi.

“C’è un presupposto prevalente, secondo cui integrare l’Ai in un processo aiuterà sempre le prestazioni, ma dimostriamo che non è vero. In alcuni casi è utile lasciare alcuni compiti esclusivamente agli umani e alcuni compiti esclusivamente all’Ai”, riassume Michelle Vaccaro del Mit (affiliata al Cci), che ha condotto la ricerca con i professori della Mit Sloan School of Management Abdullah Almaatouq e Thomas Malone.

Il lavoro è la prima metanalisi su larga scala finalizzata a comprendere meglio quando le combinazioni uomo-Ai sono utili nel completamento di un compito e quando non lo sono. Sono stati presi in considerazione 370 risultati su combinazioni di Ai e uomo in una varietà di attività da 106 diversi esperimenti pubblicati tra il 2020 e il 2023. Tutti gli studi hanno confrontato 3 diversi modi di eseguire le attività: sistemi solo umani; sistemi solo Ai; collaborazioni uomo-Ai. E’ una fase, questa, segnata dall’entusiasmo, ma anche dall’incertezza rispetto all’impatto che avrà sulla forza lavoro, e invece di concentrarsi sulle previsioni di sostituzione del lavoro Malone spiega che le domande a cui ha voluto rispondere il team di ricerca erano diverse: quando gli esseri umani e l’Ai lavorano insieme in modo più efficace? E come possono le organizzazioni creare linee guida e barriere di protezione per garantire il successo di queste partnership?

Il gruppo ha identificato fattori che influenzano il modo in cui umani e Ai lavorano insieme. Ad esempio, per attività decisionali come la classificazione di ‘deep fake’, la previsione della domanda e la diagnosi di casi medici i team uomo-Ai spesso hanno ottenuto risultati inferiori rispetto alla sola Ai. Tuttavia, per molte attività creative, come riassumere post sui social media, rispondere a domande in una chat o generare nuovi contenuti e immagini, queste collaborazioni sono state spesso migliori rispetto al meglio ottenuto tra umani o Ai che lavorano in modo indipendente.

“Sebbene negli ultimi anni l’intelligenza artificiale sia stata utilizzata principalmente per supportare il processo decisionale analizzando grandi quantità di dati, alcune delle opportunità più promettenti per le combinazioni uomo-Ai ora riguardano il supporto alla creazione di nuovi contenuti, come testo, immagini, musica e video”, evidenzia Malone. Il team ha teorizzato che questo vantaggio negli sforzi creativi deriva dalla loro duplice natura: mentre questi compiti richiedono talenti umani come creatività, conoscenza e intuizione, implicano anche un lavoro ripetitivo in cui l’intelligenza artificiale eccelle. Progettare un’immagine, ad esempio, richiede sia ispirazione artistica, in cui sono gli esseri umani che eccellono, sia un’esecuzione dettagliata, in cui l’intelligenza artificiale spesso brilla. In modo simile, scrivere e generare molti tipi di documenti di testo richiede doti umane di conoscenza e intuizione, ma implica anche processi di routine e automatizzati come la compilazione di testo standard.

“C’è molto potenziale nel combinare esseri umani e Ai, ma dobbiamo pensarci in modo più critico”, riepiloga Vaccaro. “L’efficacia non riguarda necessariamente le prestazioni di base di uno dei due, ma il modo in cui lavorano insieme e si completano a vicenda”. Gli autori sono convinti che i risultati dello studio possano fornire indicazioni e lezioni per le organizzazioni che cercano di portare l’Ai nei loro luoghi di lavoro in modo più efficace. Per cominciare, Vaccaro sottolinea l’importanza di valutare se gli esseri umani e l’Ai insieme stanno davvero superando gli esseri umani o l’Ai che lavorano in modo indipendente. E poi devono valutare dove l’Ai può aiutare i lavoratori. Per esempio, quali tipi di lavoro creativo potrebbero essere maturi per l’inserimento dell’Ai. Infine, suggeriscono i ricercatori, le organizzazioni devono stabilire linee guida chiare e robuste barriere di protezione per l’uso dell’Ai.

Il messaggio? “Lasciate che l’Ai gestisca la ricerca di base, il riconoscimento di pattern, le previsioni e l’analisi dei dati, sfruttando al contempo le capacità umane per individuare sfumature e applicare la comprensione contestuale”, suggerisce Malone. In altre parole: “Lasciate che gli umani facciano ciò che sanno fare meglio – conclude – Mentre continuiamo a esplorare il potenziale di queste collaborazioni, è chiaro che il futuro non risiede solo nella sostituzione degli esseri umani con l’intelligenza artificiale, ma anche nel trovare modi innovativi per farli lavorare insieme in modo efficace”.

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