Salute: insonnia causa-effetto di ansia e depressione, “curarle insieme si può”
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Milano, 23 gen. (Adnkronos Salute) – L’insonnia può essere causa ed effetto di malattie come ansia, depressione e disturbo bipolare. E siccome queste patologie condividono con i problemi di sonno meccanismi patogenetici simili, in alcuni casi è possibile contrastare insonnia e malattie mentali con un’unica strategia terapeutica o addirittura con un solo farmaco attivo sull’orexina, neurotrasmettitore che regola il nostro orologio biologico. Lo spiegano gli esperti della Sinpf, la Società italiana di neuropsicofarmacologia, riuniti a Milano per il loro XXVI Congresso nazionale. Ma attenzione, avvertono: ‘switchare’ da un farmaco all’altro, o aggiungere un nuovo medicinale a un trattamento in corso, può avere delle conseguenze e quindi servono gradualità accorgimenti specifici. Quali? La Sinpf farà chiarezza in un documento di consenso, il primo sul tema in Italia e in Europa, in corso di pubblicazione sulla rivista ‘Sleep Medicine’.
“Si definisce insonnia l’insoddisfazione per la quantità o la qualità del sonno, associata alla difficoltà nell’iniziare e mantenere il sonno da almeno 3 mesi – spiega Claudio Mencacci, direttore emerito di Psichiatria all’Ospedale Fatebenefratelli di Milano e co-presidente Sinpf – Il sonno risulta pertanto perturbato da frequenti risvegli o da problemi di riaddormentamento dopo i risvegli, con un conseguente impatto sulle ore diurne: sonnolenza, iperattività e un generale peggioramento della qualità della vita sono le conseguenze più evidenti. Oltre un terzo della popolazione mondiale è colpita da insonnia e/o disturbi del sonno, il 20% in Italia, in molti casi in forma cronica: sintomi persistenti nell’80% dei casi dopo 1 anno dalla diagnosi e nel 60% dei casi a 5 anni”.
Ma le ‘notti bianche’, sottolineano i neuropsicofarmacologi, possono essere ulteriormente aggravate dalla co-presenza di disturbi psichiatrici o psicoemotivi, in prevalenza depressione e ansia. “Molti disturbi del sonno, in particolare l’insonnia, si presentano frequentemente in comorbilità con ansia, depressione e disturbo bipolare, instaurando una relazione bidirezionale che amplifica la sofferenza del paziente – afferma Matteo Balestrieri, già ordinario di Psichiatria all’Università di Udine e co-presidente Sinpf – L’insonnia non è solo un sintomo, ma può anche agire come precursore o fattore scatenante di disturbi psichiatrici. Studi clinici hanno evidenziato che l’insorgenza di insonnia aumenta significativamente il rischio di sviluppare, nel breve termine, condizioni come depressione maggiore o disturbi d’ansia. Questo la rende un fattore predittivo e perciò importante campanello d’allarme in ambito clinico”.
Alla luce di quanto illustrato – evidenziano gli esperti Sinpf – approcci come la terapia cognitivo-comportamentale per l’insonnia (Cbt-I), modifiche dello stile di vita e interventi farmacologici mirati (i Dora o antagonisti duali dei recettori dell’orexina, le benzodiazepine e gli Z-drugs) possono non solo migliorare la qualità del sonno, ma anche influenzare positivamente l’andamento e la prognosi dei disturbi mentali associati. “Integrare il trattamento dei disturbi del sonno nei piani terapeutici di pazienti con disturbi psichiatrici può quindi offrire un beneficio bidirezionale, migliorando il benessere complessivo e riducendo il rischio di ricadute o cronicizzazione della malattia mentale”, rimarcano Mencacci e Balestrieri.
Di recente – ricorda la Sinpf – le linee guida europee hanno suggerito come farmaco di prima scelta il daridorexant, un antagonista dell’orexina, che blocca l’attività del neurotrasmettitore a livello dei suoi 2 recettori più importanti. “Il trattamento dell’insonnia con un farmaco regolatore dell’orexina potrebbe avere un ruolo importante anche in psicopatologia – conferma Laura Palagini, psichiatra e responsabile dell’Ambulatorio per il trattamento dei disturbi del sonno dell’Azienda ospedaliero universitaria di Pisa – Per questo sono stati condotti alcuni studi naturalistici in pazienti con disturbi d’ansia, depressivi bipolari e unipolari, e in pazienti con disturbo da uso di ipnotici-sedativi, che hanno dimostrato che l’uso di daridorexant può migliorare non solo i sintomi di insonnia, ma anche d’ansia e dell’umore, permettendo la riduzione dei farmaci ipnotico sedativi”.
Poiché però l’insonnia ha un andamento cronico, nella pratica clinica si pone il problema di come lasciare un precedente trattamento, o di come passare da una terapia e l’altra, o di come combinare i farmaci anti-insonnia attualmente consigliati. “La sospensione di farmaci ipnotico-sedativi richiede specifici accorgimenti – precisa Palagini – e una riduzione graduale in associazione con terapie cognitive, con altre recenti terapie farmacologiche (farmaci come i Dora, o gli agonisti della melatonina o i modulatori del Gaba). Questo può aiutare il clinico e il paziente nei processi di cura e regolarizzazione di un buon sonno”. Servono dunque indicazioni chiare e puntuali e “questo è esattamente quello che intende fornire il nuovo documento di consensus: una guida utile per gli specialisti – concludono i vertici Sinpf – con l’obiettivo di aiutare i pazienti a ottenere benefici di efficacia e sicurezza contro l’insonnia e le altre patologie psichiatriche collegate o concomitanti”.
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